Lunedì 4 novembre si è abbattuta sul governo una nuova tegola: la multinazionale ArcelorMittal ha presentato l’istanza di recesso dal contratto con cui si era impegnata nell’acquisto delle acciaierie dell’ex Ilva di Taranto. Il motivo dell’abbandono sarebbe l’eliminazione da parte del Parlamento di uno scudo penale, che consisteva in una vera e propria immunità giudiziaria, inserita nel 2015 dal governo Renzi ed eliminata ad ottobre dal Conte II.
La questione Ilva getta i giallo-rossi in una crisi che sembra ancora lontana dal risolversi. Inizialmente l’esecutivo ha cercato di trovare un nuovo accordo con ArcelorMittal ma le trattative si sono arenate anche a causa delle divisioni interne alla maggioranza. I 5 stelle si dicono assolutamente contrari alla reintroduzione dello scudo penale, mentre Pd e Italia Viva spingono per una revisione del contratto, disposti ad accettare le richieste di Mittal. Anche l’ipotesi della nazionalizzazione, con l’intervento di Cassa depositi e prestiti, pur aleggiata nella maggioranza, sembra non convincere: il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha manifestato la sua preoccupazione che l’acquisto dell’acciaieria da parte dello Stato porti ad una recessione.
Nel quadro già complicato di un accordo tra due forze da sempre avversarie, come M5S e Pd, si è inserita poi Italia Viva, la nuova creatura politica di Matteo Renzi, che risulta determinante in ogni decisione presa da Palazzo Chigi. Il senatore toscano sembra più che altro impegnato a guidare un’opposizione interna alla maggioranza, tanto da contestare quasi tutte le istanze portate avanti dagli altri partner di governo, compreso il Pd di Zingaretti, definito da Maria Elena Boschi, capogruppo di Iv alla Camera, “il partito delle tasse. Il costante martellamento da parte di Renzi non giova sicuramente alla stabilità dell’esecutivo, anzi rischia di rendere più facile il gioco delle opposizioni, non contribuendo a creare una solida alternativa al sovranismo della Lega. Le elezioni in Umbria hanno visto vittorioso proprio il centro-destra infatti, che ha avuto la meglio sul cosiddetto “patto civico” siglato tra M5S e Pd. Sorprendente il 7% alle regionali dei 5 stelle che alle politiche del 2018 avevano ottenuto il 27% .
Nella già tesa atmosfera della scrittura della manovra economica la tegola dell’ex Ilva può incrinare ancor di più il rapporto tra i partiti che formano la maggioranza, portandoli a votare in maniera differente; scenario analogo a quello già vissuto quest’estate tra Lega e 5 stelle sulla questione Tav che diede a Salvini il pretesto per far cadere il governo Conte I.
La legislatura è ancora lunga e lo snodo sull’Ilva potrebbe veramente risultare fondamentale per accertare l’effettiva durata di questa maggioranza, che per fermare l’ondata sovranista che sta dilagando in Italia e in Europa non può che dare prova di uniformità.