di Giacomo Voccia

In seguito ad una lunghissimo periodo di contrattazioni poste in essere dalla decisione del governo del Regno Unito, supportato da un apposito quesito referendario, il 31 gennaio 2020 è stata formalizzata l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Di questo lungo e tormentato processo sono molteplici gli aspetti che possono essere utilizzati come chiavi di lettura del presente. In primo luogo infatti, nell’analizzare questo fenomeno, ciò che viene spesso evidenziato è il valore del diritto di autodeterminazione dei popoli, per il quale i cittadini britannici hanno liberamente espresso la volontà di allontanarsi politicamente da Bruxelles e rimarcare il valore della sovranità nazionale.

Tuttavia, uno degli intenti e degli obiettivi dell’Unione Europea era fondamentalmente il superamento della necessità di Stati nazionali, attraverso un percorso che partendo dal piano economico-politico avrebbe abbracciato appieno il contesto socio-culturale, trasformando un’Unione di Stati in un’Unione di Popoli e, in definitiva, in un unico e coeso Popolo Europeo. La Brexit risponde ad un chiaro sentire comune proprio non solo delle Isole Britanniche, ma in realtà del mondo intero. Un referendum, una delle molte chiamate al voto a cui gli elettori molte volte si sono trovati a rispondere, che potrebbe quindi apparire semplice, quasi di routine, viene invece a rappresentare un cambiamento epocale di ideali, sentimenti, concezioni ed obiettivi. Volendo essere catastrofici si potrebbe dire che rappresenta il fallimento totale della linea valoriale dell’UE, ma ad essere realistici è solo l’emblema di un mondo che si chiude.

Quel che maggiormente provoca sconcerto è la spaccatura così profonda, l’inversione di rotta così netta rispetto alle posizioni che hanno caratterizzato la politica estera europea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad ora. Alla chiusura dei singoli Stati Europei non vi è una sola motivazione: la crisi economica del 2008 e le sue conseguenze, la fragilità politica e il turbamento negli equilibri governativi. È infine rilevante analizzare proprio l’andamento dei partiti che portano avanti ideali nazionalisti in ciascuno Stato membro: in Italia il successo della Lega, in Germania la crescita dell’AfD, in Francia l’avanzata del Front National. Questi ultimi infatti hanno saputo intercettare il pensiero di una parte della popolazione, arrivando ad influenzare nel tempo sempre più persone attraverso un’efficacissima macchina mediatica che sfrutta i nuovi mezzi comunicativi e le loro enormi potenzialità.

Ciò che emerge all’indomani della Brexit è un’Europa sempre più in bilico, percorsa da forti correnti disgregatrici che vanno rapidamente contrastate: devono essere riaffermati i ruoli istituzionali, mutate ed adattate le forme comunicative, ribaditi ed amplificati i valori di comunità europea. Il progetto europeo va ridefinito in ogni sua parte affinché non sia definitivamente abbandonato, lasciando spazio ad un continente molto più piccolo e debole in balia delle forze ben più grandi di Stati Uniti d’America e Cina. La domanda da porsi, più urgente e categorica che mai, è: si possono sacrificare decenni di sforzo ed impegno politico in nome di una chiusura, che rappresenta in realtà un’involuzione non solo politica, ma soprattutto culturale?

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