Di Angelica Foderaro

La diversità è, secondo la definizione del vocabolario Zanichelli:“La presenza di tratti che rendono diversa una cosa o una persona da un’altra appartenente alla stessa tipologia”, una definizione priva in sé di connotati negativi ma che, per pregiudizi ideologici, da alcuni viene

percepita come afferente ad un’area maligna e ripugnante.

Al contrario la diversità è concretamente la fonte dei cambiamenti e del miglioramento della società; è da essa che nascono le idee e le riflessioni.

Ma se la diversità è cosi fondamentale, perché tendiamo così tanto a diventare tutti “uguali”?

Nel corso dell’ultimo secolo si è sviluppato il processo di globalizzazione, che negli ultimi due decenni, con l’avvento del digitale, si è quasi concluso.

E’ stato un cambiamento per la società di proporzioni che non possono essere descritte; si potrebbe dire che per alcuni aspetti oggi noi siamo cittadini non solo del nostro paese d’origine, ma anche del mondo.

Siamo connessi gli uni agli altri, anche se ci troviamo in due emisferi opposti del globo terrestre: abbiamo iniziato ad avere gli stessi gusti e bisogni (per lo più superflui), le stesse abitudini, le stesse prospettive di vita e ambizioni.

Ma questa globalizzazione ha risvolti realmente positivi?

Senza dubbio la globalizzazione ha economicamente ampliato il mercato delle aziende, inducendo così a una maggiore produzione a basso costo; ma questo ci ha resi tutti uguali, non dal punto di vista giuridico, bensì in termini di massificazione del pensiero consumistico: acquistiamo tutti le stesse cose.

Ad esempio, l’acquisto su internet di una maglietta o di un paio di calzini da un negozio che si trova a Los Angeles o a Londra è diventato una comodità ma, riflettendoci bene, al vantaggio si accompagna sempre lo svantaggio: comprando un capo di vestiario da un negozio che si trova dall’altre parte del mondo, compri qualcosa in base alla sua apparenza, che nei vestiti è senza dubbio importante, ma non in base alla sua utilità o alla sua appropriatezza (alla stagione in cui ti trovi) e inoltre acquisti un prodotto commerciale, che per quanto possa costare, è stato prodotto in fabbrica e in serie.

Manca dunque il processo creativo che ci stava nella scelta e nella produzione di un singolo capo d’abbigliamento, basato soprattutto sulle esigenze del singolo e non su ciò che può sembrare più bello agli occhi della massa.

Il prodotto oggi è uno fra i tanti altri (tutti rigorosamente uguali), non è più quel vestito o quel paio di pantaloni che i tuoi genitori e i tuoi nonni compravano in piccoli negozi scegliendo con cura stoffa, modello e accessori e che si facevano cucire o aggiustare su misura dal sarto o dalla sarta di fiducia, quella produzione artigianale che rende unico nel suo genere il risultato.

Potrebbe sembrare sentimentale, ma il capo acquistato su internet manca di tradizione, di originalità e di singolarità, oltre che spesso di qualità.

Un tempo i vestiti erano prodotti in quantità limitate, non esistevano i grandi brand con negozi il tutto il mondo la cui importanza è data solo dal marchio, erano essenziali la qualità e l’originalità del prodotto e la sua durata nel tempo. I vestiti, come le persone, erano speciali: diversi l’uno dall’altro.

Originale e singolare, quindi diverso, è ognuno di noi ed è questo che ci rende meravigliosi.

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