di Angelica Foderaro

Nel tempo è stato possibile, in primo luogo, diminuire le ore di lavoro giornaliere e retribuire non in base quantitativa o qualitativa, ma oraria; in secondo luogo, rendere la paga equa tra i sessi e corrispondente al tempo e al tipo di lavoro.

Tuttavia, a causa di queste nuove condizioni di esistenza, le persone si sono adeguate a condurre una vita meno faticosa: viene praticata scarsamente l’attività fisica e si assume un quantitativo di cibo che non è proporzionale al fabbisogno energetico. Nella diffusione dunque di malattie come l’anoressia, l’obesità e la bulimia (legate all’alimentazione) sono fondamentali il contesto sociale e la condizione psicologica dell’individuo, ma hanno  influito e continuano a farlo le tendenze delle persone a percorrere sempre la via più facile e comoda e a dare più peso all’aspetto esteriore che alla salute.

Il condurre una vita senza limiti, morali e fisici, che porta sempre più l’uomo ad eccedere, ha quindi inciso sulla condizione fisica delle persone?

Partendo dalle origini, fino a qualche decade fa, la gran parte della popolazione svolgeva lavori agricoli, semplici e di fatica, da cui dipendeva l’alimentazione. Mangiavano la quantità di cibo che gli permetteva di lavorare, senza mai eccedere, soprattutto perché non vi era il benessere economico del XXI secolo: molti non avevano il denaro per comprare del cibo, quindi si nutrivano soprattutto di ciò che producevano.

Oggi la vita è indubbiamente migliorata, ma siamo spinti da una prorompente necessità a produrre, consumare e buttare. 

L’individuo medio consuma più di quanto il suo fisico abbia realmente bisogno e acquista ancor più cibo di quello che mangia.

“Viene sprecato tanto cibo che potremmo dar da mangiare a tutti i bambini in Africa.”

Quante volte abbiamo sentito questa frase; ma ci siamo realmente accorti che è vero e che non si sta parlando solo di cibo ma anche di denaro?

In Italia, nel 2020, 5,2 milioni di tonnellate di prodotti alimentari sono finite tra i rifiuti, con un valore di circa 9,6 miliardi di euro. Circa 27 kg di cibo annui per individuo, cui si attribuiscono i 4,91 euro settimanali spesi di prodotti alimentari comprati ma mai mangiati.

Ciò avviene nonostante nel 2020, rispetto al 2019, ci sia stato un calo del 12% dello spreco alimentare e che siano stati risparmiati 376 milioni  di euro.

Ma se il paese produce più di quanto consuma e non esporta questa quantità in eccesso, la responsabilità di chi è?

Molti degli alimenti vengono sprecati durante la produzione. Facendo un esempio, in parole povere, raccogliendo i frutti di un aranceto una parte della produzione non arriverà neanche al consumatore magari perché guasta o non esteticamente presentabile.

Di ciò si potrebbe dare la colpa alle aziende, ma in realtà chi è l’autore materiale dello spreco? l’uomo.

Ma l’uomo spreca per inconsapevolezza o perché non dà valore al cibo? Entrambe le cose. Le persone vivono nella più totale ignoranza di ciò che significa non avere cibo o non avere materialmente il denaro necessario per comprarlo. Acquistano più del dovuto perché non sanno che cosa significhi vivere nel bisogno. Tutto ciò accade perché il valore della moderatezza viene meno. L’uomo non si regola più su quanto deve mangiare o comprare, piuttosto va da un nutrizionista e paga per farselo dire.

Dati pubblicati dall’Ansa il 31 gennaio 2021

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