di Camilla Miroballo, I F
“Non credo più alla vittoria” “Neanch’io. Ma non credo alla sconfitta. Anche se sarebbe meglio” “E a che cosa crede?”
È in questo periodo complicato che tornano alla mente, nonostante il tempo e il contesto mutati, le parole che Hemingway mette in bocca a due dei soldati al fronte in “Addio alle armi”. Storia di contrasti, contraddizioni, guerra, paura, amore e morte; racconto di un sentimento immortale e salvifico, più romanzo che tutt’oggi è tra i più celebri e amati della letteratura. Ispirandosi alla propria esperienza personale sul fronte italiano durante la Prima guerra mondiale, l’autore narra la diserzione di un giovane ufficiale americano nel mezzo della ritirata di Caporetto, legata alla storia d’amore con la crocerossina Catherine.
Un’analisi implicita della precarietà dell’esistenza, che vede come sfondo la viva percezione dell’incanto e il sentimento di rivolta contro tutto il sangue versato ingiustamente. Hemingway dà così voce alla vibrata condanna della disumanità della guerra, tema ricorrente in molte delle sue pagine.
Nel titolo si nasconde, pur non essendo affatto celato, il significato forse più profondo che il libro vuole veicolare. Ogni parola ha un proprio peso e “addio” porta con sé la radice di un taglio netto, definitivo, con tutto ciò che della guerra ferisce l’uomo, le armi. Sono queste a richiedere una riflessione più approfondita, dal momento che, nel corso della storia, il lettore si rende conto di quanto esse possano essere svariate e di differente natura. L’autore evidenzia come spesso a causare le ferite più profonde non siano gli arnesi in acciaio; ad uccidere gli uomini sono l’indifferenza, la crudeltà, la mancanza di empatia, la sete di potere e sangue che impregnano l’animo umano, sporcandolo e intorpidendolo irrimediabilmente.
Il protagonista ed alcuni dei compagni a lui più vicini, , dipinti come vittime coraggiose e impaurite da un sistema che a loro non appartiene, sembrano essere però immuni a tali morbi. È attraverso il tenente Frederick Henry che lo spirito della diserzione trova la propria personificazione, dando voce a pensieri e concetti che turbano lo stesso ufficiale, ma che allo stesso tempo arricchiscono il racconto, rendendolo completo, acceso e veritiero.