di Beatrice Saba e Giovanni Pasqualini
Alle Scuderie del Quirinale abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare uno straziante viaggio alla scoperta dell’Inferno dantesco attraverso le interpretazioni che dell’opera hanno offerto gli artisti di tutte le epoche.
Varcando la soglia di un mondo che ci pare spesso lontano, ma che le nostre anime hanno percepito in modo fin troppo chiaro, tremando dinnanzi a opere d’arte di tale potenza e orrore, trasportati dalle impetuose correnti del fiume Acheronte e cullati dalle sinfoniche percosse del remo di Caronte, quelle terrificanti meraviglie ci hanno penetrato fino a fagocitarci completamente.
Le opere hanno tentato fino all’ultimo di smuovere anche il più forte e sicuro tra gli animi, risvegliando le primordiali paure e insicurezze che nel mondo reale cerchiamo quotidianamente di dominare; ma i demoni ci pervadono, sono invidiosi della nostra fittizia felicità e riescono sempre a trovare un facile appiglio per trascinarci in quell’orribile baratro, che alla fine non è altro che la realtà.
Quel maledetto sguardo del quadro di Franz von Stuck ha ridotto i nostri corpi mortali a miseri involucri di carne, e quegli occhi glaciali hanno cercato di trascinarci in quel mondo che tanto temiamo fino a farci desiderare di essere lì con lui. Lucifero ci ha osservati fino a quasi possederci, umiliando ogni nostra effimera certezza e rendendo qualunque brama di essere vivi vana e quella luce era ormai per noi un barlume di speranza. In fondo quell’angelo caduto non ha fatto altro che salvarci, anche solo per poco tempo, da quella prigione che facciamo finta di amare, di possedere, di vivere, quella cosa che ci rende finti, trascinandoci in un’ipotetica morte, che un giorno ci salverà. Siamo stati accecati e abbagliati dalla luce della verità e della salvezza, proveniente da quella porta socchiusa che un giorno saremo in grado di vedere con la nostra stessa anima.
E in questo caso è stata l’onnipotenza dell’arte ad averci risucchiato nelle sue membra, rendendoci schiavi delle Muse, che rappresentano l’ideale supremo dell’Arte, e come dice il grande Nietzsche: ”C’è qualcosa nell’arte, come nella natura del resto, che ci rassicura, e qualcosa che invece ci tormenta, ci turba, due sentimenti eterni in perenne lotta; la ricerca dell’ordine e il fascino del caos. Dentro questa lotta vive l’uomo, e ci siamo noi tutti, ordine e disordine. Cerchiamo regole, forme, canoni ma non cogliamo mai il reale funzionamento del mondo, è per gli uomini un eterno mistero. L’incapacità di risolvere questo mistero ci terrorizza, ci costringe a oscillare tra la ricerca di un’armonia impossibile e l’abbandono al caos.”
E quindi uscimmo a riveder le stelle e ci accorgemmo che erano sempre state sopra le nostre teste.