di Camilla Albore
Spesso dietro le tele degli artisti si celano travolgenti e appassionanti storie d’amore, come quella di Claude Monet e Camille Doncieux: un amore senza tempo fatto di istanti magici e di forti emozioni che hanno ispirato i più bei capolavori dell’artista.
Pennellate veloci e sfuggenti oppure violente e vorticose, i colori che pervadono il dipinto di luce oppure spenti, freddi e incupiti. Forse ci chiediamo troppo poco quale sia la ragione delle diverse scelte di stile nel corso della storia dell’arte. Cosa c’è dietro? La mera influenza dello stile di un’epoca oppure quell’intreccio di colori incarna in realtà un turbinoso intreccio di storie appartenenti alla vita dell’artista? Probabilmente giocano un ruolo importante entrambe, ma la seconda opzione viene fortemente sottovalutata. Spesso infatti dietro quelle tele si celano travolgenti e appassionanti storie d’amore che hanno intimamente legato le donne a migliaia di capolavori, diventandone così le muse e il cuore pulsante. L’amore e l’arte costituiscono da sempre un binomio indissolubile e, al fine di spiegare al meglio questo concetto, si può prendere in considerazione Claude Monet e l’impressionismo.
Nell’anno 1876 su un settimanale umoristico francese un critico, riguardo l’impressionismo, scrisse: “Pigliano un pezzo di tela, colori e pennello, vi buttano qualche tratto di colore a casaccio e firmano il risultato con il loro nome.” Eppure quella di impressionisti come Claude Monet non era noncuranza, ma i dolci tocchi di pennello, la passata veloce e la meticolosa attenzione ai giochi di luce testimoniavano in realtà la volontà di ritrarre l’istantaneità del momento. Probabilmente fu proprio quella storia d’amore fatta da emozioni e sensazioni istantanee che portò Monet a voler documentare le proprie opere nell’immediatezza del momento. Quella con Camille Doncieux fu una storia così travolgente da condizionare totalmente il percorso artistico di Monet. Ben presto Camille divenne modella di gran parte delle sue opere, diventando lei stessa un’opera d’arte agli occhi del pittore.
Il loro amore, tuttavia, non fu solo travolgente ma anche travagliato: infatti, poco dopo il loro matrimonio, Camille si ammalò di cancro e diventò ormai quasi l’unico soggetto delle opere di Monet. La ritraeva in ogni posizione e in ogni momento della giornata come se l’arte potesse imprigionare l’amata nelle sue tele, impedendo così alla morte di trascinarla via da lui. La sua pittura si fece quasi compulsiva e, insieme, sempre più metafisica, impalpabile e sfuggente esattamente come stava diventando Camille.
La sua amata non costituiva più il raggio meraviglioso dell’istante, ma stava sfuggendo lentamente dalle sue mani, perdendo la concretezza e diventando solo una proiezione metafisica. Monet la immortala proprio così prima di morire: il volto perlaceo, plumbeo, i colori spenti, le pennellate sfuggenti che sembrano avvolgere il dolce volto in un tenero abbraccio, un abbraccio ormai d’addio.
Monet si risposerà solo vent’anni dopo, ma probabilmente il suo cuore rimarrà lì, immerso per sempre in quell’amore senza tempo.