di Beatrice Saba
Pensieri, un fiume di pensieri pervadeva la mia mente. Mi tormentavano, distruggevano tutto. Ormai ero rimasto solo, non avevo più nessuno accanto a me. Ero diventato schivo, acido, forse ero io stesso ad allontanare tutti. La mia vita non era più la stessa senza di lei. L’unica donna che avessi mai amato era morta. Mi era stata portata via dal mare, durante una tempesta. Le onde l’avevano portata al largo, e nessuno aveva potuto fare nulla per salvarla. Era morta così, nel mare, il luogo che più amava al mondo l’aveva uccisa. Non potevo più udire la sua bella voce, che tanto allietava i miei tormenti. Il suo ricordo era fisso nella mia testa, ancora vivido, ma, con gli anni che passavano, la sua voce si affievoliva. E io non ce la facevo più, ero stanco, nulla aveva senso. Ero vuoto interiormente e un grande peso gravava sulle mie spalle. Quel fiume di pensieri si stava piano piano addentrando in un sentiero buio, senza più via d’uscita. Volevo porre fine alla mia vita, ma, codardo, non ne avevo mai avuto il coraggio. Ci avevo provato e riprovato, ma il mio corpo era bloccato, anche se la mia mente non desiderava nient’altro che quello. Se solo avessi potuto vederla un’ultima interminabile notte. Se solo avessi avuto l’occasione di salvarla, me ne sarei fatto una ragione. Avevo bisogno di un suo segno. E poi accadde qualcosa.
Erano le 06:37 di una fresca mattinata d’estate e come ogni volta che non riuscivo a prender sonno, mi recai in spiaggia, a pochi metri dalla mia abitazione. Vivevo in Sicilia, la mia terra natale, e una brezza leggera mi accarezzava i capelli. Il sole si stava alzando pian piano sopra la mia testa e il cielo iniziava a colorarsi. Guardavo le onde frastagliarsi sulla riva e udivo il suono del mare, ma quel giorno era diverso. Quella simbiosi di suoni lentamente diventò un’unica voce. Una voce melodiosa, a dir poco angelica, mi attirava dal profondo del mare. Assomigliava tanto alla voce della mia amata, ma non sembrava reale, era strana, oserei dire alquanto ingannevole. Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai nell’acqua, completamente vestito, ma non me ne importava più di tanto. I miei pensieri erano offuscati da quella voce che sembrava non volermi lasciar andare. Inizia a nuotare più velocemente, ma mi stavo allontanando troppo dalla riva. Quel suono sovrumano cominciò a diventare più forte, così forte da perforarmi i timpani. Mi fermai su uno scoglio, ero troppo stordito per poter continuare a nuotare, ormai non avevo più il controllo del mio corpo. La voce cessò di cantare all’improvviso e io potei finalmente riprendermi. Alzai un poco la schiena con un dolore lancinante alla testa e scorsi nell’acqua, a pochi centimetri dalla superficie, un viso di donna, uguale ma al tempo stesso diversa da lei tanto amata. Mi sorrise e i suoi denti aguzzi, bianchi come quelli di un bambino, sporsero dalle sue rosee labbra. I canini ricordavano quelli di un vampiro e rendevano il sorriso un poco inquietante. Gli occhi erano di un verde oltreumano e risaltavano sul viso pallido. Ne rimasi così catturato che avvicinai il mio viso al suo per poterla osservare meglio. I suoi capelli, neri come la notte, fluttuavano nell’acqua e marcavano quei lineamenti di candida purezza. Riuscivo ad intravedere il bianco seno scoperto, ma qualcosa attirò la mia attenzione. La parte inferiore del suo corpo era quello di un pesce, squame violacee e verdastre la rivestivano e sembravano risplendere alla luce del sole. Era lei, lo sapevo. La guardai esterrefatto e, spaventato, mi ritrassi indietro. La sirena riprese a cantare, ora potevo udire ancora di più quella voce così sensuale. La sua testa sporse dall’acqua e piccole gocce bagnarono le sue lunghe ciglia. Mi fissò intensamente negli occhi, apertissimi, e iniziò ad avvicinarsi. La sua mano accarezzò il mio viso con una dolcezza tale da ricordarmi vecchie memorie. La mia mano invece, spinta dalla sua voce, si mosse verso il suo. Impaurito, mi feci coraggio e la toccai. La sua pelle era liscia e morbida, ancora bagnata dall’acqua. Non era reale, ne ero certo. Non poteva senza dubbio esserlo, ma lo sembrava così tanto. Il mio cuore batteva forte dinnanzi a così tanta bellezza e i miei occhi vagavano su tutto il suo corpo. D’improvviso pose le sue labbra sulle mie, fu un bacio appassionato, sembrava che stessimo sigillando un patto d’amore eterno e per me lo era davvero. I brividi percossero il mio corpo tremante e la strinsi a me, non volevo lasciarla andare. D’un tratto il bacio cessò ed ella ricadde nel mare. La guardai andarsene, veloce con la sua coda, lontana da me. Mi gettai in acqua, cercando di trattenere il respiro, ma più mi spingevo in profondità, più la pressione aumentava. Inaspettatamente udii di nuovo la sua voce, ormai non cantava più, ma mi sussurrò una frase: “Continua a vivere per me”. Risalii in superficie e continuai a nuotare disperato fino alla riva. Dovetti sdraiarmi sulla sabbia bagnata per riprendermi, rimasi lì per circa un’ora, mentre il sole batteva forte sul mio viso inumidito dalle lacrime. Non capivo più la differenza tra reale e irreale, era forse solo un sogno?
Ormai sono passati quasi dieci anni da quel giorno, e ogni mattina all’alba mi reco in spiaggia. La sua voce riecheggia nella mia mente. Ho ripreso in mano la mia vita.
Mia salvatrice, non ti dimenticherò mai.