di Fabiola Cappella
Mimì è, come dice il titolo, un ragazzo normale. È l’anno 1985 e il ragazzino vive con i genitori, i nonni e la sorella adolescente in uno stabile del Vomero, il prestigioso quartiere sulle colline di Napoli, dove il padre lavora come custode. La vita di Mimì è molto semplice. Le sue giornate trascorrono tra la scuola, la strada e i progetti strampalati che fa con Sasà, suo compagno di giochi. Il suo sogno più grande è quello di acquistare un bellissimo costume da Spiderman per partecipare ad una festa in maschera e nel frattempo crede di poter affinare le sue tecniche di trasmissione del pensiero come i suoi supereroi preferiti. La sua vita è fatta di piccole cose e il suo orizzonte si limita alle venti piastrelle della portineria che gli offrono protezione ma anche un limite enorme. A movimentare le sue giornate ci pensa Viola, la ragazzina della quale Mimì è innamorato. Per conquistarla il ragazzino la invita ogni giorno ad andare con lui a portare da mangiare a Morla, una bellissima e vecchia tartaruga che abita sul terrazzo dell’ultimo piano. Proprio in una di queste incursioni Mimì conosce Giancarlo che, in breve tempo, diventa il suo eroe. Giancarlo però non ha i poteri dei supereroi, non può volare né leggere nel pensiero, non si muove sulla bat-mobile ma su una vecchia Mehari di colore verde. Non combatte contro i mostri, ma in compenso ha un’arma potentissima capace di smuovere le montagne: la sua penna. Giancarlo, infatti, che di cognome fa Siani, è un giornalista. Non si tratta però di un cronista qualsiasi, ma di un giornalista di cronaca nera che svolge pericolose inchieste contro la camorra. Giancarlo Siani cadrà vittima della camorra proprio nel 1985, il 23 settembre, e proprio davanti a quel palazzo del borghese Vomero: la camorra vuole così mettere a tacere un potenziale pericolo, un eroe piccolo piccolo che è sul punto di scoprire dei terribili segreti. Nei mesi che precedono la sua morte, però, Giancarlo e Mimì diventano amici e scoprono di avere molte cose in comune. Giancarlo si lascerà conquistare dall’innocenza di occhi che riescono ancora a guardare il mondo con fiducia. Mimì invece scoprirà che i veri eroi sono quelli che si battono ogni giorno, instancabilmente, per un mondo migliore. E nel caldo afoso di un agosto napoletano, anche grazie all’aiuto e ai consigli di Giancarlo, scoprirà i primi batticuori dell’amore e scoprirà quanto un’amicizia possa essere un sentimento profondo, in grado di cambiarti la vita. Ma soprattutto scoprirà come le parole possano rappresentare una chiave di libertà ed un’ancora di salvezza, capaci di imprimere per sempre nella nostra memoria i ricordi delle persone alle quali abbiamo voluto bene e che non ci sono più. Con la storia di Mimì, questo ragazzino pieno di sogni e di illusioni, che parla come un vecchio saggio, ma ha la fissazione per gli astronauti e i fumetti e prova e riprova le mosse di Karate Kid, Marone vuole raccontare il processo di crescita di questo ragazzino che vive a Napoli “più pericolosa di Gotham City”. Mimì si identifica in questo ragazzo di 25 anni che vive di ideali, un vero e proprio supereroe. Ma Giancarlo non vuole essere considerato tale, perché vive la sua passione per la scrittura e la realtà come una vera e propria missione di vita. Infatti a un certo punto del libro possiamo ritrovare una delle frasi che più mi hanno colpito: “Invece, Mimì, è sempre importante ricordarsi che siamo umani e non disponiamo di alcun potere, che non siamo infallibili, sbagliamo e spesso paghiamo caro per i nostri sbagli. Sentirsi invincibili non è una buona cosa, perché ti porta a commettere degli errori, a sottovalutare segnali, a non accorgerti della precarietà delle cose. Ciò che ci rende umani, e per questo speciali, caro Mimì, sono proprio le nostre debolezze, i difetti se vuoi chiamarli così.” Solo che Mimì, che degli eroi è abituato a leggere nei suoi amati libri, pensa che Giancarlo lo sia veramente, perché fa una cosa che solo i personaggi buoni dei romanzi fanno: cerca di difendere i più deboli con la forza delle sue armi. E le armi che Giancarlo ha a disposizione sono la penna e un taccuino sul quale scrive gli appunti delle sue inchieste, che sono tese a smascherare la corruzione e il malaffare di una città che nel 1985 si prepara a festeggiare l’arrivo di Maradona, un altro eroe che nell’immaginario collettivo dei napoletani è destinato a cambiare le sorti della città.
Sono tanti i romanzi che hanno celebrato la vita e le vicende di Giancarlo Siani, ma la novità della storia narrata da Lorenzo Marone sta proprio nel raccontare Giancarlo nella sua semplicità e nelle sue vicende, prima che si concludessero in quel giorno di settembre a ventisei anni appena compiuti, con il corpo crivellato di proiettili. Possiamo quindi definire Giancarlo Siani un buon, o forse anche di più, un ottimo giornalista? Rispondendo sinceramente, direi proprio di si perché quando una persona inizia a diventare scomoda soprattutto in un ambiente come la camorra, significa che sta facendo bene il suo lavoro, che sta facendo aprire gli occhi alle persone, facendogli capire da quale parte è giusto “schierarsi” e Giancarlo, in questo, era veramente bravo.
Questo libro, secondo me, potrebbe essere un buono spunto per avviare una sensibilizzazione verso la mafia, facendo capire soprattutto ai più giovani che non è un problema del passato, che non ci riguarda più ma che è un male che ancora oggi, in silenzio, avvelena la nostra società. Personalmente, sono veramente legata a questo libro, a questa storia, perché mi fa riflettere su questo ragazzino ingenuo con tanta voglia di imparare dagli altri; su come venga denigrato, perché colto e capace di esprimersi con un linguaggio inusuale rispetto a quello dei suoi coetanei e della sua famiglia; sulla sua motivazione nel dare una mano, per aiutare il prossimo e anche il mondo intero; su come desideri una vita diversa da quella stentata della sua famiglia; sulla sua passione per Vasco Rossi, nata dalla volontà di stupire la ragazza di cui è innamorato, ma soprattutto sulla sua voglia di credere che esistano davvero i supereroi, come Spider-Man o come Giancarlo. È questo anche un libro sulla scrittura, usata da Mimì come valvola di sfogo, come un riscatto da tutto e tutti, dalla vita difficile che conduceva e come un modo di esprimere la sua voglia di sognare. Come Mimì confida alla tartaruga Morla, però, il sogno non deve essere una evasione fine a se stessa: “Spesso siamo troppo presi dall’inseguire i nostri sogni, li rincorriamo ogni giorno a testa bassa e neanche ci rendiamo conto di quanto ci costi la rincorsa, nemmeno capiamo che sì, sognare è importante, ma ancora più importante di sognare è fare, perché la vita, in fondo, è una cosa semplice, solo giorni dopo giorni. E allora dobbiamo stare attenti a non riempire tutti questi giorni unicamente di sogni, ma anche di emozioni vere, di vita vissuta.” Tutti abbiamo speso gran parte della nostra vita a sognare (chi è che non l’ha fatto?), anche io lo faccio, forse anche troppo, perché quando mi metto gli auricolari e avvio la musica per me il mondo intorno è come se non esistesse più. Vivo di momenti anzi di immagini, a volte anche di emozioni proiettate nella mia testa, che forse potrebbero accadere o anche no; sarà perché sono eccessivamente timida e riservata, ma è come se vivessi nella vita che desidererei, facendo quello che mi piace più fare e essendo circondata da persone che mi vogliono bene: insomma sogno ad occhi aperti e leggendo questo libro mi sono prefissata un solo obiettivo, cioè quello di sognare di meno, non di smettere, ma di iniziare a vivere di più i momenti reali e le emozioni reali con la gente che mi circonda. Vorrei concludere questa recensione con una frase che più di tutti racchiude l’essenza di questo romanzo, scritto in un italiano che si intreccia con espressioni napoletane. La pronuncia la nonna di Mimì quando dice che “non esistono eroi al mondo, solo persone che ogni tanto fanno una bella azione, la cosa giusta, e poi tornano a essere uno qualunque”. Giancarlo rappresenta proprio questo: un ragazzo normale che ogni giorno si impegna con passione e dedizione per rendere migliore il mondo in cui vive. Ed è questo anche il messaggio che, a parer mio, vuole lanciare Lorenzo Marone: non è importante essere degli eroi per rendere il mondo un posto migliore. Ognuno di noi nel suo piccolo può impegnarsi per aiutare gli altri e cercare di migliorare la vita di chi ci sta vicino e di chi non può difendersi da solo. Una lezione di vita attuale ora più che mai, soprattutto in un’epoca caratterizzata dalla perdita di valori soprattutto da parte dei più giovani, attratti soprattutto da ciò che è possibile raggiungere facilmente.