di Maria Stella Domenicucci
Il 5 marzo 2022, in tutta Italia, si è commemorata la nascita di Pier Paolo Pasolini, una delle menti più originali, atopiche ed emblematiche di tutto il Novecento. Artista a trecentosessanta gradi, fu un intellettuale, un poeta, un regista, un pittore e da sempre un provocatore, nella vita e nelle opere.
Nonostante le innumerevoli controversie sul suo pensiero e sul suo orientamento sessuale che costellarono la sua vita, Pasolini rappresenta ancora oggi una colonna portante della cultura italiana ed internazionale, grazie alla sua capacità di anticipare le trasformazioni della società contemporanea: inattuale nel suo tempo, oggi Pasolini è una presenza ineludibile.
Muore all’età di 53 anni, assassinato da mano ancora ignota. È il 2 novembre del 1975, quando una donna trova il suo cadavere brutalmente mutilato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, percosso e travolto più volte dalla sua stessa auto.
Nell’ultima intervista, del 1 novembre 1975, rilasciata a Furio Colombo e dal titolo “Siamo tutti in pericolo”, pubblicata su “La Stampa-Tuttolibri”, Pasolini afferma: “Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo, basato sull’idea di possedere e di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete mettere su un delitto la sua bella etichetta. Non potendo impedire che accadano certe cose, si trova pace fabbricando scaffali”. Quasi un presagio, verrebbe da pensare.
La Direzione Generale Sistema Paese del MAECI e la CNIU, in collaborazione con il Centro Studi Pasolini della Cineteca di Bologna, hanno elaborato una prima proposta progettuale per le celebrazioni del centenario. Il progetto celebra il versatile ingegno dell’intellettuale tra cinema, letteratura, dibattito pubblico e impegno politico.
Per quanto concerne il campo teatrale, s’intitola Museo Pasolini il nuovo spettacolo di Ascanio Celestini in tour nei prossimi mesi. L’attore ha motivato così la scelta del titolo e il senso del suo omaggio: “Secondo l’International Council of Museums, le cinque funzioni di un qualsiasi museo sono: ricerca, acquisizione, conservazione, comunicazione, esposizione. Come potrebbe essere un Museo dedicato a Pasolini? Qual sarebbe il pezzo forte? Quale oggetto dovremmo acquisire da collezioni private o pubbliche, recuperare da qualche magazzino, discarica, biblioteca o ufficio degli oggetti smarriti? Cosa siamo tenuti a fare per conservarlo? Come possiamo comunicare attraverso di lui? Questo spettacolo lo chiarisce”.
Davvero numerose sono invece le esposizioni dedicate a Pasolini. A Genova, fino al 13 marzo, è aperta a Palazzo Ducale la mostra “Pier Paolo Pasolini. Non mi lascio commuovere dalle fotografie”. Il Centro studi Pasolini di Casarsa, paese natale del poeta, che ha sede a Casa Colussi, il 5 marzo ha inaugurato un museo permanente, con arredi, foto, prime edizioni, lettere, testi autografi. La Cineteca di Bologna celebra il centenario di PPP con la mostra “Folgorazioni figurative” nei nuovi spazi espositivi del Sottopasso di piazza Re Enzo. Si tratta di un allestimento multimediale fra opere d’arte, fotogrammi dei film e immagini tratte dai set di ripresa. In più, quasi 500 scatti di Dino Pedriali, l’intero servizio realizzato alla Torre di Chia e donato dall’artista alla Cineteca.
Tra gli eventi previsti fuori Italia, il 22 maggio a Barcellona segnaliamo la mostra “Pasolini Roma”, che espone manoscritti originali di poesie, romanzi, saggi e articoli, lettere, sceneggiature, storyboard, disegni, dipinti, sequenze tratte dai suoi film, interviste, documentari, fotografie e installazioni. Alla mostra, inoltre, si affianca una retrospettiva integrale (alla Filmoteca de Catalunya) dei suoi film.
Per concedere un ultimo e meritato tributo all’autore, è opportuno concludere con una sua citazione: “Finché io non sarò morto, nessuno potrà garantire di conoscermi veramente, cioè di potere dare un senso alla mia azione, che dunque, in quanto momento linguistico, è mal decifrabile.
È dunque assolutamente necessario morire, perché, finché siamo vivi, manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza) è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile… Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci.”