di Michela Minenna, V F

Il famoso storico greco Polibio sosteneva che ogni guerra ha tre cause: il pretesto, ossia la causa “finta”, ma ufficiale (prophasis); la causa vera, che si tiene nascosta (aitia); la scintilla che innesca la guerra (archè).  

Anche al conflitto tuttora in corso tra Russia e Ucraina possiamo provare ad applicare queste tre categorie polibiane.

Cominciamo indagando la prophasis. Nel caso dell’invasione dell’Ucraina, la prophasis che ci viene raccontata come causa della guerra è la volontà di Putin di “denazificare” l’Ucraina. Putin vorrebbe liberare la nazione da quegli Ucraini filonazisti che, servendosi del battaglione militare Azov, avrebbero causato genocidi nei confronti della popolazione russa che vive nel Donbass, un territorio a sud dell’Ucraina confinante con la Russia che si è dichiarato unilateralmente indipendente nel 2014. Un’altra prophasis è che per Putin l’Ucraina è non solo il Paese con il quale la Russia confina ad ovest, ma è parte integrante della storia e cultura russa. In Ucraina, infatti, è presente una grande componente etnica russa.

Qual è stata, invece, l’arché del conflitto? Nel 2014 l’Ucraina ha subito la perdita della Crimea, invasa e sottomessa dalla Russia, che l’ha annessa al proprio territorio; da allora la nazione è lacerata dagli scontri nel territorio del Donbass. Inoltre, l’Ucraina ha chiesto l’adesione alla NATO,  l’Alleanza militare atlantica a cui hanno aderito, peraltro, molti paesi facenti parte dell’ex Unione Sovietica. Il Cremlino non solo si oppone con decisione all’ingresso di Kiev nell’Alleanza militare atlantica, ma chiede anche uno stop all’allargamento della NATO ad est; accusa inoltre l’Occidente di voler circondare militarmente la Russia e gli Stati Uniti di aver mandato armi agli ucraini. L’archè potrebbe essere proprio l’allargamento della NATO a est che, come una miccia, avrebbe fatto scattare l’invasione russa in Ucraina.   

Ma quale è l’aitia del conflitto? La ragione vera di questa guerra? 

L’ostilità tra Russia e Ucraina affonda le sue radici nel passato. L’8 dicembre 1991 i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono un accordo che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico, l’URSS; l’ex Repubblica Sovietica Ucraina venne dichiarata indipendente il 25 dicembre 1991. Ciò non è mai stato digerito dalla Russia, e l’Ucraina, anche se indipendente, ha costantemente risentito del passato periodo sovietico: i legami con la Russia hanno continuato a condizionare il modo in cui Kiev ha guardato alla politica internazionale. 

Le ragioni di ciò sono molteplici: il territorio ucraino ospita consistenti minoranze russe, è sede della più importante base navale russa nel Mar Nero, ha quattro centrali nucleari, è un importante stato di transito del gas e del petrolio russi diretti in Europa occidentale.  E si pensa che sia proprio questo il vero motivo, l’aitia della guerra, ossia il voler conquistare un Paese fondamentale per l’economia della Russia. Come al solito, in quasi tutte le guerre l’aitia, cioè il vero motivo, si nasconde dietro ragioni economiche!

La guerra in Ucraina, come tutte le guerre, deve forse essere considerata un elemento ricorrente nella vita delle potenze militari. Putin è capo di uno Stato poco democratico, con un esercito ben armato, che persegue scopi di potenza anche con mezzi molto spregiudicati. Ora, i capi di Stato delle varie nazioni democratiche dovrebbero capire come porre fine a questa guerra e riflettere su cosa fare. Non ci si può certo imbarcare in una guerra per rimandare l’esercito russo a casa sua, con il rischio di far scoppiare una terza guerra mondiale. L’alternativa sono le sanzioni economiche che, però, a sentire gli esperti, sarebbero armi molto spuntate, per il semplice fatto che l’economia russa è profondamente integrata con la nostra, e che la sua rovina comporterebbe anche la nostra rovina.  

L’invasione dell’Ucraina è allora la sconfitta di ogni pacifismo, di ogni dialogo, di ogni politica distensiva e lungimirante?  E anche a voler credere, come dice Pirandello, che “alla corda della ragione non si dà mai un taglio netto” e che bisogna trovare ragioni e torti da ambedue i fronti, allora ci si chiede cosa si poteva fare, e non è stato fatto, per costruire un mondo davvero pacifico. 

Ma perché indagare le ragioni o, come direbbe Polibio, le aitiai di questa guerra, ossia i motivi economici? Sempre Polibio sostiene che lo studio degli eventi storici passati deve essere utile agli uomini politici per le loro decisioni future. Occorre quindi riflettere sulle dinamiche che hanno portato a questo conflitto per evitare una crisi economica mondiale; tutti i Paesi (russi, asiatici, africani che siano) devono dialogare, consapevoli dei motivi che ha scatenato il conflitto, e basarsi su questi per tentare di risolverlo. 

Che la tragedia ucraina serva almeno a costruire qualcosa di nuovo.

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