di Valeria Maria Martini, II D

Un mese e pochi giorni fa s’è chiusa un’epoca. La regina inglese Elisabetta II s’è spenta, infatti, l’8 settembre 2022, per cause naturali, nella residenza di Balmoral, un castello situato nella zona dell’Aberdeenshire, in Scozia. Al di là di quello che si possa pensare politicamente o dei sentimenti che si possano provare verso la famiglia reale inglese è innegabile che la morte di una figura istituzionale tanto importante, abbia avuto un eco rilevante a livello internazionale. L’intera stampa mondiale ha portato al Regno Unito le proprie condoglianze e ha ricordato tutti gli episodi di vita più importanti di Elisabetta porgendole un omaggio unanime. Se consideriamo dunque il cordoglio che questa scomparsa ha lasciato scaturire persino in moltissimi paesi che non la riconoscevano neppure come un capo di Stato, si può ben immaginare quale possa esser stata la reazione dei britannici. Molto emozionanti sono state le immagini che quasi tutti noi abbiamo visto, di gente ammassata davanti ai portoni maestosi di Buckingham Palace, per lasciare un fiore, un messaggio o anche soltanto per piangere insieme a qualcuno che potesse capire il proprio dolore.

Quelle che ho appena elencato sono state delle reazioni più o meno prevedibili, comprensibili, ma, a mio parere, sarebbe ancorpiù interessante sarebbe parlare delle reazioni di un popolo che notoriamente non ha mai simpatizzato troppo con i britannici e la loro monarchia – per essere abbastanza eufemistici: gli irlandesi. A fine agosto mi sono recata in Irlanda (EIRE) per trascorrervi un semestre di studio e ho quindi avuto la possibilità di studiare meglio la relazione di lunga data tra questi due popoli e al tempo stesso di assistere alla reazione irlandese (quantomeno quella della comunità in cui vivevo) alla morte della regina. Che il rapporto tra questi due popoli sia stato sempre complicato è fin troppo noto. Sin dai tempi delle plantations del diciasettesimo secolo (quando gli inglesi e gli scozzesi protestanti cercarono di prendere il controllo dell’Irlanda, tentativo che si rivelò fruttuoso soltanto nelle contee della provincia dell’Ulster, attuale Irlanda del Nord), e dei tempi della lotta per avere un proprio governo indipendente da Westminster (il cosidettoHome Rule), fino ad arrivare alla guerriglia degli anni ’70-90 del secolo scorso (The Troubles), gli irlandesi e gli inglesi non si sono mai sentiti popoli “fratelli”. È per tutti questi motivi che mi sarei aspettata una reazione totalmente diversa da quella che mi si è presentata. Non mi sarei, infatti, sorpresa se nei pub si fosse brindato di felicità alla morte della regina o se per strada la gente avesse cantato Bloody Sunday degli U2(che ricorda un tragico fatto di sangue del 1972, che diede inizio alla fase più acuta del terrorismo dell’IRA),ma questo non è stato il clima che ho respirato durante quelle ora dell’annuncio e nei giorni subito successivi. È stato possibile percepire un senso di rispetto verso una figura che, volente o nolente, è stata parte anche della loro vita e che ha impattato fortemente nel panorama politico e sociale irlandese negli ultimi ‘70 anni. Inoltre, ho riscontrato un giudizio comunemente positivo sulla defunta regina, su come tutto sommato abbia svolto un ruolo che non le sarebbe nemmeno toccato in condizioni normali (perché ricordiamo che Elisabetta salì al trono come erede di suo padre che divenne re soltanto perché suo fratello, Edoardo VIII, abdicò per sposare Wallis Simpson) e largamente oneroso e difficile, e di averlo per giunta svolto egregiamente. Con tutte queste affermazioni non sto di certo svalutando festeggiamenti che sicuramente saranno avvenuti e di cui in parte sono anche a conoscenza, ma il giudizio finale che mi sono fatta è che le persone in generale rispettassero la figura di Elisabetta (soprattutto dal punto di vista personale). Mi è capitato inoltre che la mia professoressa di inglese si commuovesse parlando dei discorsi di Natale che ogni anno ascoltava con abitudinaria dedizione. Ora per quanto sappia che le generalizzazione sono scorrette e vaghe, e per quanto riconosca che la parte in cui mi trovo è proprio sul confine con l’Irlanda del Nord, posso sicuramente affermare che la risposta più comune che ho osservato alla morte della regina Elisabetta II sia stata tutt’altro che gioiosa.

Confesso che questo comportamento mi ha molto sorpreso positivamente e non perché io sia una fervente monarchica, ma perché capisco come si possa apprezzare una persona che per più di 70 anni è stata espressione di grande autorevolezza nel panorama diplomatico, politico, sociale, nazionale e internazionale e di come ne sia stata parte in maniera mai invadente, sempre composta, e mai fuori posto. Vorrei anche io con questo mio articolo ricordare una donna che ha rappresentato per molte persone un’icona, per alcune un valido capo di Stato, una donna che aveva imparato a convivere con e a controllare l’immagine stessa del potere di un ex Impero.

La regina Elisabetta II nel corso di una storica visita in Irlanda nel maggio del 2011: la prima visita di un regnante britannico in 100 anni.

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