di Bianca Bompadre e Matilde De Giovanni

Il film La scuola cattolica di Stefano Mordini, tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Albinati e uscito nel 2021, racconta la vita di un gruppo di ragazzi frequentanti un rinomato istituto religioso maschile della Roma “bene” durante gli anni Settanta e ricostruisce i retroscena del famoso massacro del Circeo. Il delitto è avvenuto tra la notte del 29 e il 30 settembre 1975 nel comune di San Felice Circeo, in una villa che apparteneva alla famiglia di Andrea Ghira, uno dei tre artefici del delitto. Non era solo, con lui c’erano Angelo Izzo e Giovanni Guido detto “Gianni”.  

In quegli anni, dietro l’apparenza di famiglie ottime e benestanti, ai cui figli veniva impartita un’educazione fortemente cattolica in vista di un radioso futuro prestabilito, si celavano situazioni familiari e sociali complesse che incidevano nei loro comportamenti. Tali famiglie sentivano il bisogno di tenere i figli protetti dai tumultuosi cambiamenti che stavano attraversando la società e modificando costumi e stili di vita; erano convinte che quella rigida educazione avrebbe potuto spalancare loro le porte di un futuro luminoso. 

In realtà, la scuola cattolica non era esente dai cambiamenti e la violenza era all’ordine del giorno: i giovani seguivano un sistema gerarchico basato sulla sopraffazione, dove il più forte vinceva il più debole. I padri trasmettevano ai figli un’idea antica, ma distorta, di mascolinità tossica, che suscitava in loro un atteggiamento di prepotenza e intolleranza verso coloro che venivano percepiti come più deboli, inferiori e soprattutto verso le donne.

Il decennio tra 1970-1980 fu caratterizzato da un grande violenza politica a seguito degli attacchi terroristici che vedevano protagonisti gli esponenti di estrema destra e di estrema sinistra.  Entrambi i fronti con quotidiane guerriglie che a volte divenivano stragi, seminavano il terrore tra le persone: non a caso si parla di “anni di piombo”. L’estremismo di sinistra, rappresentato dalle “Brigate Rosse”, si poneva l’obiettivo di instaurare una dittatura proletaria, mentre l’estrema destra rappresentata dai gruppi “Ordine nuovo” e “Avanguardia nazionale” volevano impadronirsi del potere ed instaurare una dittatura a stampo fascista. 

Attraverso gli occhi dell’adolescente Edoardo, pacifico e ragionevole, che fa parte anch’egli dell’istituto privato San Luigi, si osservano i comportamenti dei giovani della Roma borghese, in particolare le vicende di Angelo Izzo e Gianni Guido.

Angelo, sospetta una latente omosessualità nel fratello Salvatore e lo provoca di continuo, arrivando anche a molestare alcune ragazze: viene infatti condannato per stupro, anche se usufruisce della sospensione condizionale della pena. Gianni invece, amico fraterno di Angelo, vive una situazione di violenza è aggressività da parte del padre, molto esigente nei suoi confronti. Queste tendenze aggressive per loro diventano la normalità, e li spingono a commettere atti di bullismo a scuola verso chi è più debole e chi non condivide i loro valori.

La situazione precipita gravemente nel momento in cui i due giovani, accompagnati dal loro amico Andrea Ghira, che aveva già scontato una pena per rapina a mano armata, lasciano esplodere la loro rabbia verso due ragazze di Roma sud, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, che avevano conosciuto attraverso il loro amico di scuola Carlo: dopo averle convinte a seguirli al Circeo con modi garbati ed educati, le seviziano e torturano per ore, uccidendo Rosaria e riducendo Donatella in fin di vita. 

La figura di Edoardo che ci accompagna durante il film riesce a farci guardare la realtà da un altro punto di vista, mettendo in contrapposizione l’aggressività e la rabbia con la dolcezza e la sensibilità. Il suo personaggio è vicino all’autore del libro da cui il film è tratto, Edoardo Albinati, peraltro ex alunno del nostro liceo, che ha frequentato per alcuni anni. Il libro ha vinto il premio Strega del 2019. Così scrive Albinati commentando la vicenda da lui narrata: «Mi sembra che il modello maschile sia oggi più in crisi che mai. Se è infatti vero che abbiamo superato il prototipo di virilità del passato, è anche vero che non è stato sostituito da nulla. Mentre il modello femminile si è aggiornato. Gli uomini hanno un bisogno di tenerezza profondissimo, ma non possono esprimerlo liberamente. Hanno paura che venga scambiato per omosessualità. Ma prorpio quel desiderio frustato alla fine si rivolge in modo brutale contro le donne».

Infatti ciò che più inquieta della vicenda è che non si può considerare quella violenza come appartenente al passato. Il ruolo della donna nella società è molto cambiato da allora, ma i femminicidi sono ora come allora una drammatica realtà. Alla violenza fisica si affianca spesso quella psicologica e anche economica, volta a reprimere il desiderio di autonomia della donna. Forse ci stiamo liberando da alcuni vecchi modelli di mascolinità, ma la strada da percorrere è ancora lunga e non priva di difficoltà.

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