Irene Chiummiento e Chiara Virgili, IF
La classe I F, il giorno 8 Novembre 2022, si è recata in visita l’Archivio-Museo storico di Fiume.
La classe è stata accompagnata dalla professoressa Monica Vanni, insegnante di Storia e Filosofia. I ragazzi sono stati accolti dallo storico Marino Micich.
Gli alunni della classe I F hanno avuto l’opportunità di visitare il museo e osservare tutti i reperti storici riguardanti l’avvenimento delle foibe nella Seconda Guerra Mondiale.
Per questo due alunne della classe hanno avuto l’idea di condividere con la scuola questa esperienza.
Le foibe rappresentano il simbolo di una tragedia spaventosa che colpì la popolazione giuliano-dalmata, quando alcune migliaia di persone vennero uccise dai partigiani di Tito (Ex presidente della Jugoslavia) ed i loro corpi furono gettati in parte in queste voragini, in parte nelle fosse comuni o in fondo all’Adriatico, oppure non tornarono dai vari luoghi di prigionia dove vennero detenuti.
Elemento comune di questo dramma fu la quasi totale mancanza di notizie delle persone deportate che sparirono senza lasciare traccia della loro sorte, per cui nel tempo si è consolidato l’uso del termine foiba nel suo significato soprattutto simbolico, come paradigma di una vicenda molto più ampia, a prescindere dal luogo esatto e dalle specifiche modalità che interessarono le singole uccisioni.
Il vocabolo “foiba” deriva dal latino fovea che significa fossa, abisso.
Le foibe sono delle cavità naturali, spesso delle vere e proprie voragini a forma di imbuto, particolarmente presenti nel paesaggio giuliano che sprofondano più o meno verticalmente nel terreno per decine di metri.
Zara, roccaforte della presenza italiana in Dalmazia, rimase per oltre tredici mesi, dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, in una posizione drammatica. Occupata militarmente dai tedeschi, continuò ad avere un’amministrazione italiana, grazie anche all’opera del prefetto Vincenzo Serrentino, che riuscì a rintuzzare le ingerenze dei nazisti e dei croati di Pavelié. La città venne continuamente bombardata dall’aviazione angloamericana, probabilmente anche in base alle sollecitazioni dei comandi partigiani jugoslavi, con 54 pesanti incursioni che la colpirono tra il 1943 ed il 1944 e la ridussero ad un cumulo di macerie. In pochi mesi Zara venne rasa al suolo e circa 2.000 dei suoi 21.000 abitanti morirono sotto i bombardamenti.
Nello stesso periodo, gran parte degli zaratini abbandonò la città per fuggire verso Trieste e Ancona. Quando i tedeschi si ritirarono dalla Dalmazia ed evacuarono Zara (31 ottobre 1944), la città venne occupata dai partigiani jugoslavi, che subito operarono i primi arresti tra coloro che erano rimasti in loco, uccidendone decine e deportandone altri verso ignota destinazione.
Le operazioni di controguerriglia da parte sia tedesca che italiana vennero condotte con operazioni di rastrellamento che ebbero lo scopo sia di riprendere il controllo del territorio che di infliggere perdite ai reparti partigiani.
La Venezia Giulia fu così coinvolta in un lungo stillicidio di attacchi e contrattacchi, agguati, rappresaglie, pattugliamenti, retate, arresti ed uccisioni che insanguinò la regione in una scia di violenze e di morte che si protrasse, a fasi alterne, fino al termine della guerra.
I tedeschi misero in atto una politica repressiva contro chiunque fosse sospettato di collusione con il movimento partigiano e molte migliaia di persone furono arrestate e deportate in Germania. A Trieste in particolare i nazisti istituirono un campo di detenzione di polizia presso la Risiera di San Sabba, che funzionò come un campo di transito per gli ebrei rastrellati presso il litorale e come luogo di tortura ed eliminazione per partigiani, antifascisti, civili, soprattutto slavi, catturati durante i rastrellamenti. A San Sabba morirono oltre 3.000 persone.
Nell’aprile del 1944 venne attivato nella Risiera il forno crematorio, che rimase in funzione fino alla conclusione della guerra ed in cui vennero bruciati i corpi di un numero imprecisato di persone.
Brave ragazze sono fiera di voi, continuate a condividere.