di Lorenzo Bottino, II G
Il 18 dicembre, la nazionale di calcio Argentina si è laureata campione del mondo per la terza volta nella sua storia, 36 anni dopo l’epica vittoria di Diego Armando Maradona in Messico. È il trionfo di Lionel Messi, che all’ultima occasione della sua carriera, ha portato a casa l’unico titolo che mancava nella sua bacheca, il più importante di tutti. Un ragazzo di Rosario, nato con un problema all’ormone della crescita a cui è dovuta la sua bassa statura, proveniente da una famiglia umile, originaria di Recanati, cresciuto con il mito del 10 argentino per eccellenza, una figura più divina che umana per chi ama il calcio, Diego Armando Maradona.
Per capire bene la portata di questa vittoria dobbiamo immergerci nella concezione argentina e, in generale, sudamericana del calcio, dove questo sport ha un significato che va oltre il divertimento o il tifo, è un’arte, una forma di romanticismo unica al mondo, un’emozione che continua a infiammare i cuori di milioni di bambini e adulti. Il calcio è vita e la loro vita è il calcio, e questo è il motivo perché così tanti calciatori provengono da questi paesi, eppure, in una nazione così piena di campioni sembrava che nessuno riuscisse a portare al popolo argentino il trofeo più ambito, la coppa del mondo. Solo la nazionale del 1978 e del 1986 erano riuscite a vincere il torneo, e specialmente quest’ultima è rimasta nella storia dello sport e nel cuore degli argentini, o meglio, un calciatore di questa squadra, Maradona, che con una rosa di modesta qualità è riuscito, quasi da solo, a battere le migliori nazionali del mondo e vincere il mondiale. Indimenticabile per ogni argentino sono quei due gol contro l’Inghilterra, che meno di due anni prima era scesa in guerra con l’Argentina per difendere le isole Falkland, dove Diego realizzò il gol più controverso della storia del calcio “la mano de dios” e poco dopo il più bello, il “gol del secolo”. La figura di Diego in Argentina rimarrà mistica, divina, poiché mai in un campo da calcio sono state viste cose del genere, una vera forma di arte in movimento, un uomo che si caricò il popolo argentino, proprio come fece con quello napoletano, sulle spalle e li condusse alla gloria. Diego è morto il 26 Novembre 2020 ma la sua eredità era ormai consolidata, perché quel bambino basso e timido di Rosario, nel frattempo si era fatto strada nell’Olimpo dei più grandi ed era pronto a raggiungere il successo anche con la maglia dell’Argentina, e questo è avvenuto in Qatar, dove Lionel Messi ha finalmente condotto il suo popolo alla gloria mondiale, eguagliando finalmente quello che aveva fatto Diego.
È anche il mondiale degli sconfitti, i francesi, che hanno giocato un calcio di altissima qualità ma sono mancati nel momento più importante, la finale, forse perché meno affamati dei loro rivali argentini, ma il loro numero 10, Kylian Mbappe, nonostante abbia perso il confronto con l’altro grande 10 argentino, ha dimostrato una qualità, una voglia e una bravura fuori da ogni logica e schema, segnando tre gol a soli 23 anni nel palcoscenico più importante di tutti.
È il mondiale, l’ultimo, di Cristiano Ronaldo, giunto probabilmente alla fine della sua era, eterno rivale di Messi e unico giocatore a pareggiare la grandezza dell’argentino in questi anni, che con il suo Portogallo abbandona la scena forse nel peggiore nei modi, in panchina, senza squadra, criticato dalla stampa e dai tifosi portoghesi e ben lontano da quello che è stato il suo livello negli ultimi 16 anni, ma un tributo alla carriera di questo giocatore, uno dei più grandi che il mondo abbia mai visto, è doveroso farlo
È il mondiale del Marocco, prima squadra africana a qualificarsi ad una semifinale mondiale, contro ogni previsione, battendo formazioni come il Portogallo, la Spagna e il Belgio e regalando al proprio paese e all’intero continente africano un quarto posto che vale come una vittoria.
È il mondiale del Brasile, forse la più grande delusione del torneo, che ha perso contro la Croazia ai quarti di finale e che continua la striscia di delusioni che continua ormai dal 2002, confermandosi una squadra piena di talento e dalle caratteristiche tecniche uniche, ma con una mentalità non all’altezza di un torneo di tale importanza.
Siamo stati testimoni di un mondiale straordinario, intenso e unico, fatto di gioie e di fallimenti, di storie che si sono intrecciate per realizzare un unico torneo che entrerà nella storia del calcio. Il campo ha dato il suo verdetto, l’Argentina è sul tetto del mondo, meritatamente, e Messi ha ormai consolidato la sua posizione come calciatore più forte di sempre, è stato l’ultimo palcoscenico di una generazione, quella di Ronaldo, Neymar, Suarez che ormai volge al termine e che apre una porta verso il futuro dello sport più bello al mondo.