di Marta Rigotti, II G

Caro diario,

lo so che mi sono fatta attendere, ma eccomi qui finalmente a scriverti. Ricordi di quel sogno che ti avevo raccontato, quello in cui per alcuni mesi diventavo un international student in uno di quei paesi da film, uno di quei paesi come il Canada?  Bene, non ci crederai ma quel sogno lo sto vivendo proprio ora, proprio qui, in Canada, e più che un sogno è ormai la realtà. Ormai quasi tre mesi fa ho toccato terra canadese per la prima volta. Ricordo quando, prima di partire, mi sedevo ogni tanto sul mio terrazzino a Roma e guardavo tutti quegli aerei così piccoli e lontani che passavano sopra la mia testa, quelli che lasciano una lunga e spumosa striscia bianca, quelli che di strada ne fanno… e pensavo che di lì a poco su uno di quegli aerei ci sarei stata io, volando verso un posto che per alcuni mesi sarebbe stata la mia casa, un posto in cui avrei vissuto una piccola ma intensa parte della mia vita. Insomma, guardando quegli aerei non pensavo ad una vacanza, ma pensavo ad una nuova vita. E quel sentimento che avevo non si è rivelato poi così sbagliato…

Infine su quell’aereo un giorno mi ci sono ritrovata proprio io, non avendo ancora pienamente realizzato cosa stava succedendo, perché effettivamente ero io la prima a non crederci: quella bambina che ai centri estivi piangeva perché aveva nostalgia di casa, della famiglia, quella ragazza timida e talvolta insicura, impacciata nella vita pratica e un pò ingenua, proprio lei aveva lasciato tutte le sue stabili certezze, casa, famiglia e amici per volare sola oltre l’Oceano, per scoprire un nuovo paese, una nuova cultura, una nuova lingua. Ho poi realizzato che forse fino ad allora conoscevo solo una parte del mio carattere, probabilmente solo i punti più deboli, ma che non avevo avuto modo di scoprire e valorizzare altri aspetti di me stessa. Sono sempre più sicura che per fare una scelta del genere ce ne vuole di coraggio, coraggio “to take the leap”, di fare quello che è un po’ un salto nel vuoto, perché prima di partire non sai veramente ciò a cui stai andando incontro. Se scegli di partire vuol dire che vuoi metterti alla prova, che vuoi crescere, maturare, sperimentare, apprendere… 

Sono ormai a più di metà della mia esperienza, e i primi mesi sono volati, come se il freddo vento canadese li avesse spazzati via prima che me ne potessi accorgere, ma non per questo sono stati poco intensi, anzi… tanto veloci quanto unici e indimenticabili. Windsor, Nova Scotia: una realtà piccola e semplice, che nasconde però le sue bellezze, basta saperle trovare… Mi trovo lì dove la natura è sovrana: un luogo in cui ha ancora i suoi spazi e non è imprigionata in quadrati di cemento, dove l’uomo sa convivere con essa e rispettarla. Il silenzio permette di trovarsi con gli altri e con se stessi, il tempo scorre placido e cambia l’ambiente intorno a sé, chiudendo nel sacco una stagione per tirarne fuori un’altra, ognuna con le proprie peculiarità. A Settembre il sole scaldava il cuore e accendeva di un verde brillante i fili d’erba; gli alberi ancora ricoperti di tutto il loro verde manto; le soleggiate domeniche in cui per le viuzze si aprivano i mercatini di aglio, salse piccanti, marmellate, cinnamon rolls: immagini, colori e atmosfere che tanto ricordavano le nostre tradizioni italiane. Ottobre e Novembre hanno dipinto il tutto di rosso, giallo e arancio: le foglie sugli alberi sembravano lingue di fuoco, vivide e fiammeggianti contro l’azzurro limpido del cielo. Tornando da scuola, il pulmino giallo avanzava borbottando sulla strada, che lenta si srotolava facendosi spazio tra quei tronchi grondanti di colori. Le zucche di ogni forma e colore, i campi di mais dorato e le castagne racchiuse nei loro gusci puntigliosi incorniciavano il tutto in un perfetto clima autunnale. Dicembre infine è arrivato con i primi fiocchi di neve, le giornate sono più fredde e l’aria sembra avere un colore plumbeo; la luminosità del sole sembra tutta racchiusa nelle lucette di Natale che rendono le case incredibilmente romantiche e accoglienti, e che danno ai tronchi degli alberi ormai spogli quel tocco di magico e ammaliante. 

Come dicevo, anche qui c’è bellezza: una bellezza diversa, a cui non siamo abituati, forse meno appariscente ma che può essere ugualmente intensa, se guardata con gli occhi giusti. In questi mesi ho imparato una cosa molto importante: per riuscire ad apprezzare la bellezza di ciò che ci circonda bisogna prima imparare a vedere la bellezza dentro se stessi. È come indossare un paio di occhiali: se le lenti non sono quelle giuste, non puoi vedere con chiarezza ciò che stai guardando, ma se decidi di cambiarle, quella stessa cosa che stavi guardando potrà apparire completamente diversa. Io sto imparando a trovare la bellezza dentro me stessa, e quando ci riesco vedo che si accende una luce diversa e migliore su ciò che mi accade. Ecco lo spirito con cui sto affrontando la mia esperienza: grata per ciò che ho, godermi tutti i momenti di straordinaria bellezza e divertimento, imparare dal diverso, e trovare quel “bello” anche nelle cose più semplici, anche lì dove apparentemente non c’è. 

Caro diario,

l’ultima volta non ti ho detto tutto riguardo al Canada, e oggi voglio terminare il racconto: ti ho dipinto il luogo in cui mi trovo, riportandone ogni colore e sfumatura, ma penso sarai curioso di sapere qualcosa riguardo le persone, la vita quotidiana, le tradizioni…

Arrivata qui, ho dovuto costruire una nuova vita: è un cantiere non facile da portare avanti, ma che allo stesso tempo regala tante emozioni e soddisfazioni. È un percorso che sicuramente presenta molte sfide: iniziare da zero in un nuovo paese, una nuova famiglia, una nuova casa, in una cultura altra e con una lingua diversa. All’inizio può non essere facile abituarsi a vivere con persone ancora estranee, che hanno uno stile di vita diverso, e che probabilmente non conoscono quelle piccole abitudini così comuni e scontate nel tuo Paese. Ad esempio, ciò che all’inizio mi ha colpito è il modo in cui qui concepiscono il pasto: non è un momento per stare insieme in famiglia e parlare, ma l’unico scopo è … mangiare. Raramente ci si siede a tavola tutti insieme, il più delle volte ognuno mangia quando è più comodo e, anche se casualmente ci si ritrova con gli altri, si mangia velocemente scambiando giusto qualche parola, per poi correre di nuovo ai mille impegni quotidiani. Non hanno la nostra cultura del cibo, e, anche se non sembra importante, è qualcosa di cui poi senti davvero la mancanza: si mangiano spesso alimenti precongelati o fast food, la dieta non è molto variegata, e non dedicano tempo al cucinare; tutto deve essere il più veloce possibile. 

La vita sociale è diversa e sicuramente meno importante per loro rispetto a noi. La giornata si svolge tra scuola, lavoro e sport, il weekend si passa spesso in casa; non usano uscire ed incontrare gli amici, non ci si prende un caffè all’uscita da scuola, magari per condividere delusioni o successi!  In classe, quando ci sono dei momenti di pausa in cui si potrebbero scambiare due chiacchiere, tutti stanno in silenzio, ognuno concentrato sul proprio telefono. Non ci sono le uscite il sabato sera, non usano andare a cena fuori, e dopo aver cenato intorno alle 18.00, la giornata sembra finita, fuori è buio e al massimo è il momento per cominciare a guardare un film. Insomma, nella loro vita sembra non esserci il tempo per curare le relazioni, e sembra che non ne sentano neanche il bisogno. 

Potresti pensare ora che così tutto diventa noioso e monotono, soprattutto per noi che siamo cresciuti in una cultura in cui le relazioni sono la cosa più importante, in cui nel primo momento libero si chiamano gli amici e si esce, in cui la luce e il clima favoriscono ed incoraggiano relazioni. Si, sicuramente all’inizio non è stato facile inserirsi in questo stile di vita, ma nonostante tutto la mia esperienza è tutt’altro che noiosa o monotona. Ciò che è importante capire è che tutto dipende da te, da come te la vivi questa nuova vita, da quanto sei flessibile, da come e quanto ti metti in gioco. Non c’ è stato un singolo momento in cui ho pensato “Che noia!”, perché ogni weekend mi sono impegnata per organizzare qualcosa da fare con i miei amici. Ho curato relazioni, ho mantenuto contatti e non mi sono “arresa” al primo ostacolo o alla prima difficoltà: in questo modo ho sempre trascorso bei momenti e ho tessuto amicizie con tanti ragazzi provenienti da ogni parte del mondo. Quando invece è stato necessario rimanere in casa, mi sono goduta anche quei momenti: è stata l’occasione per passare del tempo con la mia host family o anche semplicemente per dedicare tempo a me stessa, cosa che spesso non riesco a fare nella frenetica vita romana. Insomma, non si può pensare di partire ed avere tutto pronto e facile, non si può pensare di trovare una vita perfetta, bisogna partire con spirito di curiosità, con la volontà di mettersi in gioco e, anche quando ci si trova davanti ad una difficoltà, vederla come una sfida e non come una “sfiga”. 

Durante questa esperienza sto imparando molto riguardo la vita, riguardo le persone: sto realizzando quanto talvolta sono ingrata per i tanti privilegi che ho e che troppo spesso do per scontati, sto apprezzando tutto ciò che prima mi sembrava dovuto, sto realizzando chi sono le persone davvero importanti nella mia vita, le amicizie vere che contano davvero. In questi mesi non ho avuto qui con me quelle persone che ero abituata ad avere accanto ogni giorno, che erano sempre lì pronte a supportarmi, e proprio questo mi ha reso più forte, più matura, più consapevole. 

Ma allo stesso tempo ho fatto altre conoscenze: nuove persone, da cui ho potuto apprendere molto, sono entrate nella mia vita: nuovi amici mi hanno fatto vivere momenti felici e provare così tante emozioni! Amici con cui ho vissuto questa grande avventura, con cui ho condiviso lacrime e sorrisi, momenti difficili e risate a crepapelle, e che sparsi un po’ in tutto il mondo saranno lì ad aspettarmi e ad accogliermi quando un giorno -spero- potrò visitare il loro Paese. Insomma, tutto quello che ho fatto in questi mesi può essere riassunto in una semplice parola: vivere. Ho trovato ciò che cercavo: non semplicemente “esistere”, ma “vivere”, vivere per davvero, che vuol dire godersi tanti momenti di divertimento e felicità, sapersi circondare delle giuste persone con cui condividere il proprio tempo e costruire relazioni significative, ma anche saper stare saldi di fronte alle difficoltà, trovare il modo di superarle e da queste imparare. 

Manca ormai un mese scarso al mio rientro: non ci posso credere che tutto stia trascorrendo così velocemente! Da una parte mi viene tristezza a pensare che dovrò salutare volti che probabilmente non rivedrò mai più, ma dall’altra sono contenta di rivedere quelli che ho lasciato in Italia: gli amici, la mia casa, la famiglia, la scuola, i prof. Si sente la mancanza della vita italiana: la nostra cultura, i sapori, i profumi, i colori, le tradizioni, la gente. Mi è mancata Roma, la mia città su cui spesso sono stata tanto critica per il caos, il traffico e la sporcizia, ma che qui ho imparato ad apprezzare: la storia su cui è costruita, i tesori che custodisce, le tradizioni che conserva nel tempo, i luoghi mozzafiato. Mi è mancato qualcosa che l’Italia ha e che non ho ritrovato qui: una bellezza particolare, unica e incomparabile, un “bello” che non so spiegare, di cui comprendi la meravigliosa grandezza solo quando ti viene a mancare. 

Il semestre in Canada è stato qualcosa di straordinario: una ricchezza acquisita che puoi comprendere solo se l’hai vissuta, un bagaglio di esperienza e conoscenza, quel quid in più che puoi acquisire solo sperimentandolo, una finestra di vita unica e speciale che rimarrà per sempre nei miei ricordi e che, tornando indietro nel tempo, rifarei. Ma sento anche che ormai la mia vita vera mi sta richiamando e che è ora che io la riprenda: la mia vera vita che è in Italia e non altrove, la mia vita italiana che mi sono resa conto di amare più di ogni altra cosa, e che mi impegnerò a difendere, a migliorare e a far apprezzare a tutti i giovani che incontrerò sulla mia strada!

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