di Arianna Carozza, III G
Nel corso della nostra (dis)avventura che è stato il viaggio d’istruzione del quinto anno abbiamo visitato il Jüdisches Museum, il museo ebraico di Berlino, quest’ultimo si articola in tre percorsi: l’asse dell’esilio, l’asse della continuità e l’asse dell’Olocausto.
Lungo il corridoio dell’asse dell’Olocausto sono esposti alcuni disegni di Bedřich Fritta (pseudonimo di Bedřich Taussig) , un artista Ceco nato a Visnova nel 1906. Studiò arte a Parigi negli anni trenta e poi si stabilì a Praga dove lavorò come disegnatore anche per la rivista Simplicissimus, una rivista affermata in Germania che aveva come oggetto principale della propria satira il Kaiser. Nel 1941 Bedřich venne deportato nel campo di Theresienstadt (o Terezin), un campo sfruttato soprattutto per la propaganda e per smentire i sospetti della Croce Rossa internazionale. Il ghetto, come non è difficile immaginare, era in condizioni terribili, ma i prigionieri riuscirono in qualche modo a porsi l’obiettivo di resistere il più a lungo possibile, intento che si compì con la creazione di una comunità salda nonostante gli orrori che quest’ultima era costretta a subire. La vita culturale riusciva a continuare la sua esistenza anche grazie a professori, musicisti e pittori, tutti segregati nel campo.
Fu così che nacque un piccolo gruppo di artisti di Terezin: dipingevano e disegnavano la loro vita quotidiana, diari visivi che non lasciavano spazio per la propaganda. Bedřich realizzò più di 100 disegni e un libro destinato a suo figlio, Tomas (Tommy), per il suo terzo compleanno.
Le conseguenze di queste testimonianze furono tragiche, in particolare per Fritta, perché diedero il via al ‘Caso degli Artisti’; dopo tre anni nel ghetto, Fritta venne convocato insieme a Otto Ungar e Leo Haas vennero convocati e accusati di diffondere materiali di stampo comunista dal comandante Karl Rahm. Le accuse furono abbastanza per deportarli al campo di sterminio ad Auschwitz. Prima di essere deportati Fritta e Haas nascosero i propri disegni, il primo in una scatola di latta, mentre Haas dietro il pannello di un muro. Bedřich Fritta morì poco dopo l’arrivo nel campo, malgrado gli strenui tentativi di Leo Haas, ormai suo amico stretto; Leo Haas, superstite, adottò Tomas. Otto Ungar sopravvisse solo qualche mese dopo la liberazione, a causa di complicazioni del tifo e delle continue torture subite. Questi tre artisti hanno creato illustrazioni e disegni fondamentali per conoscere la reale vita nel ghetto di Terezin e nel campo di Auschwitz e purtroppo non vengono spesso menzionati quando si studia storia a scuola. Il 27 gennaio è la giornata della memoria, per motivi anagrafici è difficile che testimoni oculari continuino a fornire la propria testimonianza a lungo e diventa quindi ancora più incisivo ciò che questi tre uomini hanno abbozzato con fogli e carboncini rimediati quasi per caso, per conservare il loro punto di vista nel migliore dei modi.