di Emma Poccia e Livia Maceratini, V F

Chat di classe, docente e alunni, 12 gennaio 2023

Volete partecipare a questo concorso?

Leggete per favore scade domani.

Ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di no

Ok

Con che motivazioni?

Non siamo tutti d’accordo sul partecipare perché alcuni non si sentono in grado

Ho capito e capisco

Domani magari ne parliamo un attimo.

Così è cominciato il viaggio che probabilmente ci ha coinvolto più intensamente in questi due anni di ginnasio e che ha reso possibili in classe unità, coesione, equilibrio e collaborazione, non facili da ottenere in un gruppo di 28 ragazzi tra i 14 e i 16 anni.

Tale avventura è consistita nel partecipare al concorso CLASSIca, progetto ideato dalla AICC (Associazione Italiana di Cultura Classica), cui avevano aderito un numero di classi provenienti da tutta Italia che quasi raggiungeva il centinaio. Il progetto prevedeva la realizzazione di un elaborato scritto originale, a partire da una parola greca o latina estratta in diretta dalla commissione giudicante. Era richiesto di analizzare il vocabolo estratto secondo gli aspetti linguistico, storico, culturale e di attualità, con l’aggiunta di un allegato creativo (disegno o poesia).

Dato che abbiamo comprendono che, alla fine, poteva trattarsi di un’esperienza sfiziosa, la professoressa Graziana Morigine riesce a convincere una classe, apparentemente un po’ pigra ed insicura, a lanciarsi in questa sfida. Si tratta di un lavoro difficile da gestire in un gruppo tanto numeroso, ma decidiamo di partecipare al completo, suddividendoci in vari teams sulla base di capacità e interessi degli alunni.

Dopo una piccola fase preparatoria e di esercitazioni, arriva il gran giorno. Mercoledì 1 febbraio: eliminatorie. Tutti in fermento, aspettiamo l’inizio del collegamento a suon di profondi respiri. C’è chi fa rapidamente tremare la gamba in un tic, chi è più scaramantico e fa le corna o tocca il naso e il verde dei banchi pieni di carte, penne, computer e tablet, vocabolari e dizionari etimologici. Si apre il collegamento: la parola estratta è greca… χαρις, -τος! Un secondo dopo l’estrazione siamo già immersi in un rumoroso brainstorming (che molto greca o latina non è…) mentre un piccolo gruppo sfoglia di gran carriera i vocabolari per scrivere ogni singolo significato sulla lavagna.

Il lavoro continua per due ore stressanti e piene di tensione, al termine delle quali consegniamo l’elaborato, ma naturalmente non va tutto come previsto. Infatti, che cosa succede ogni volta che si deve mandare un file a scadenza? L’e-mail non parte. In un momento di tensione e fermento, gli ultimi rimasti in classe afferrano il computer e sudando freddo risolvono il problema. Tornati a casa, il tempo previsto per aspettare l’esito della prova – che sarebbe stato pubblicato intorno alle 20.00 – sembrava non passare mai. Ma alla fine: colpo di scena.

SIAMO PASSATI!!!!

Decisamente incoraggiati dall’esserci classificati tra i primi venti, e scossi da un brivido di adrenalina percepibile nell’aria, il giorno seguente ci avviamo un po’ più convinti verso gli ottavi di finale. Altro punto segnato, si passa in semifinale. E il giorno ancora successivo, è alle ore 19.22 che arriva la notizia… “SIAMO IN FINALE!!! WOOOO!”

A questo punto, noi concorrenti del Giulio Cesare – unica scuola del Lazio a partecipare – siamo intenzionati a vincere è dir poco, tra l’incredulità e la fiducia crescenti.

Lunedì 6 febbraio si è disputata la prova finale, sulla parola εικων, -ος, termine che dà parecchio filo da torcere. Torniamo a casa soddisfatti, pensando che, se pure non ci venisse data occasione di vincere, ce ne è stata data una ancor più grossa: quella di partecipare.

Martedì 7 febbraio, in una diretta presentata dal professor Lelli, viene annunciato il vincitore. Non senza un po’ di amaro in bocca, scopriamo di esserci classificati secondi a pari merito con un’altra classe; ad ogni modo, fieri dell’esperienza vissuta con abbracci, risate, qualche mala parola e gola afona, fieri della professoressa che la ha coordinati e sostenuti, festeggiamo questo importante traguardo.

«Penso che questa esperienza sia stata importante perché nessuno si aspettava a cosa saremmo andati incontro. Diciamo che ci ha fatto sentire un po’ tutti sullo stesso livello cosa che solitamente con i voti non accade. Però la sensazione di non sapere come comportarsi  davanti a un’avventura così, quest’ incertezza comune, secondo me ha anche aiutato perché ci siamo aiutati a vicenda  quando qualcuno finiva un lavoro magari si metteva allora ad aiutare chi aveva difficoltà; io stessa l’ho fatto, e comunque sono riuscita a scambiare di più con molti miei compagni ed è stata una buona esperienza per mischiare il gruppo classe».

«Dopo essere passati alla seconda prova ero felicissima, ero fiera di me stessa, fiera proprio di tutti, di quello che avevamo fatto. Penso che questo concorso abbia fatto benissimo alla classe, perché ha fatto conciliare persone che non si sarebbero mai messe a lavorare insieme; infatti, in una classe di trenta persone è molto difficile che ci sia tutta questa coesione, che sì abbiamo, però ci sono varie difficoltà tra di noi, e vedere persone diverse lavorare insieme è stato bello. Bello anche perché poi ha portato a nuove amicizie, a capire veramente chi avevamo davanti o a confermare quello che già pensavamo».

«Come abbiamo preso la sconfitta? Beh diciamo che un po’ di delusione c’è stata. Soprattutto per il fatto che, arrivati a quel punto dicevamo “o la vittoria o niente”, era un po’ questo il pensiero generale. Ma possiamo dire che alla fine è stata una delusione parziale perché eravamo (almeno io sicuro lo ero e lo sono ancora) sicuri e orgogliosi del nostro lavoro quanto a creatività e passione e divertimento che ci avevamo messo dentro. È stata una vera giostra di emozioni e personalmente non sentivo né in me né nell’aria che c’era in classe una sete di fare meglio degli altri, che è abbastanza tipica in queste situazioni. No, sentivo più uno spirito competitivo sano, desideroso di tirare fuori il meglio da noi stessi. Quindi sì, ci è dispiaciuto parecchio, ma le esperienze e tutte le emozioni positive ci hanno compensato.”

“Personalmente posso dire che ho riscontrato qualche difficoltà, visto che avevo un ruolo abbastanza importante, di coordinamento del gruppo, creazione della struttura e delle idee di presentazione (come per esempio la scelta di far finta di creare una mostra sulla χαρις per il primo lavoro, di impostare l’elaborato come un articolo su un convegno riguardo al termine genus nella semifinale) e anche di rielaborazione, assemblaggio e stesura del contenuto. Questo ruolo mi ha fatto sentire abbastanza sotto pressione, legata soprattutto ai tempi ristretti e all’incertezza dell’improvvisare su una parola dataci lì per lì. Come classe abbiamo poi faticato a decidere i vari contenuti, e c’è stato anche qualche problema di comunicazione, con l’arrivo all’ultimo minuto di contenuti un po’ slegati: una volta abbiamo persino perso un intera pagina che volevamo inserire ma che alla fine abbiamo proprio messo in corner.

Comunque siamo riusciti ad appianare questi problemi soprattutto con l’avvicendarsi e l’andare avanti delle prove, migliorando la comunicazione e la velocità di esecuzione.” Queste le parole di alcuni dei nostri compagni ricercatori nei gruppi di storia dell’arte, linguistica e attualità, oltre che i commenti della coordinatrice generale e referente della classe al concorso.

D’accordo, magari non avremmo vinto, ma porteremo sempre con noi l’entusiasmo allo stato più puro per questa competizione, ci resterà in bocca il dolce sapore dell’euforia di un’esperienza passata.

(Lo stream of consciousness di questo articolo sia di stimolo a fare ancor meglio la prossima volta).

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