di Gaia Panicci, IIIA

Nel 1795 l’Europa era al centro di aspri conflitti che si protrassero, turbando il continente, fino al 1815. In questo clima instabile, il filosofo Immanuel Kant pubblicò un’opera di natura politica, “Per la pace perpetua”, individuando nella pace duratura fra tutti i popoli l’obiettivo morale a cui l’umanità dovesse tendere. Si immaginò che per uscire dallo ‘stato di natura’, una condizione naturale di violenza e conflitto dove le nazioni erano portate alla guerra reciproca, queste si dovessero unire, non tanto in un’unica società suprema, quanto in un’ipotetica federazione di Stati che avesse la funzione di agevolare le dinamiche cooperative internazionali, regolando la convivenza all’interno di essa e favorendone il progresso.

Analoghe linee di pensiero si celano dietro le motivazioni che hanno portato alla creazione dell’Unione Europea, sancita con l’entrata in vigore del trattato di Maastricht. Ma oggi, a distanza di 30 anni, come viene sentita l’appartenenza all’Unione Europea? Si può parlare davvero di un’Europa unita?

Tali quesiti nascono dalla considerazione che, nata come un’unione di carattere economico, col tempo questa coalizione ha di fatto assunto rilevanza anche in altri ambiti quali la cultura, la sicurezza, la giustizia, l’ambiente, che, in quanto prioritari nella vita del singolo, hanno assicurato vantaggi indiscussi a più di 400 milioni di cittadini europei.

Non si può negare che questa Unione sia riuscita a garantire, in 30 anni di vita, un clima di

pace, stabilità e prosperità, favorendo la collaborazione e la crescita, a dimostrazione che l’intuizione Kantiana fosse giusta. Sotto il profilo economico può, dunque, considerarsi un successo perché, malgrado le ‘ombre’ dell’adozione della moneta unica, dall’altro lato ha permesso all’Europa di conservare lo status di realtà economica competitiva, contenendo i tentativi di supremazia degli USA e delle economie emergenti.

L’obiettivo non raggiunto, tuttavia, rimane la creazione di un senso di ‘cittadinanza europea’, in quanto l’Unione ha prodotto conseguenze diseguali in gruppi sociali in partenza già disomogenei. Tutto questo, dovendo sempre fronteggiare situazioni di grande complessità: le pressioni militari alle sue frontiere, l’emergenza migranti e quella più recente della pandemia.

Resta però innegabile che Maastricht abbia dato una svolta epocale alla storia del continente, e che come tale quindi, nel rivoluzionare gli equilibri esistenti, ne abbia creati di nuovi, di pari portata storica.

Un pensiero su “Dalle comuni radici ad un futuro di benessere. Cultura, economia, progresso L’Europa e gli Europei a 30 anni da Maastricht 1992-2022”
  1. Nel 1990 i paesi ora UE erano il 27% del PIL mondiale (e gli USA il 26%).
    Ora 30 anni dopo gli USA sono il 25%, l’UE il 16% …
    Ha operato bene la UE in questi 30 anni ? Forse NO.

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