di Alessandro La Manna

Il 13 febbraio 2023, in occasione della settimana dello studente del liceo Giulio Cesare, ho avuto l’onore ed il piacere di intervistare uno dei personaggi ultimamente più soggetti alla pressione dei media e della stampa italiana: Pietro Orlandi. Molti lo presenterebbero semplicemente come “il fratello di Emanuela Orlandi”, interpretazione giusta, ma superficiale: la vita del signor Orlandi, infatti, non si ferma al giorno in cui gli venne recapitata la notizia del rapimento di sua sorella il 22 giugno del 1983, bensì continua negli anni fino ai giorni nostri, in cui egli stesso in prima persona si batte per la verità. Negli ultimi tempi il caso Orlandi è stato al centro di una grande bufera mediatica, in primis causata da un rinato interesse generale, anche da parte dei più piccoli, grazie al documentario andato in onda su Netflix, e in secundis per la riapertura del caso da parte della Questura di Roma, avvenuta enigmaticamente subito dopo la morte di papa Ratzinger. Così, interessato e incuriosito anche io dalle domande ancora aperte riguardo al caso, ho ritenuto di portare nel nostro ambiente scolastico la voce di qualcuno che potesse spiegarci i fatti, chiarire le idee, rispondere ai nostri dubbi. E chi meglio di uno che quella storia la sta vivendo in prima persona, Pietro Orlandi? Mi sono dunque recato a Largo San Giovanni XXIII, adiacente a San Pietro, dove si sarebbe tenuto un sit-in in memoria di Emanuela. Alla fine del discorso del fratello Pietro, io e il mio compagno Daniele abbiamo preso coraggio e ci siamo avvicinati: vicino a lui c’era un ragazzo giovane, cui abbiamo chiesto se fosse possibile organizzare un incontro con il signor Orlandi nella nostra scuola. Sorprendentemente scopriamo che quel ragazzo era proprio il figlio di Pietro, e si è reso subito disponibile ad organizzare l’incontro. Eccoci così al 13 febbraio, davanti ad un’aula magna gremita di docenti e studenti di ogni età, ad ascoltare a fiato sospeso il coinvolgente discorso del signor Orlandi, seguito poi da numerose domande da parte di noi ragazzi, interessati e colpiti dal racconto. Insomma, un grande successo direi: la nostra scuola, nel suo piccolo, ha potuto rendere onore ad una persona distrutta e logorata anno dopo anno dalla mancanza di verità.

Ma, per chi non ha avuto la possibilità di partecipare, vorrei raccontare la vicenda della “Vatican Girl” nel modo più sintetico e affine possibile alla ricostruzione del signor Orlandi. È il 1983 ed Emanuela Orlandi, 15 anni, figlia di un funzionario del Vaticano e residente nella Città del Vaticano, non torna a casa dopo la fine delle lezioni di flauto traverso nel conservatorio di Tommaso Ludovico da Vittoria. I genitori ed i fratelli, dopo la denuncia alla polizia, cominciano a tappezzare la città di Roma con dei manifesti, in cui si invitava chiunque avesse visto la ragazza a contattarli: all’inizio la famiglia ha creduto si trattasse di uno di quei casi in cui giovani le ragazze venivano prese da spacciatori e usate per provare droghe. Il signor Orlandi ci ha raccontato in modo davvero commovente quanto sperasse di non trovare il corpo della sorella dietro ad un cespuglio nei parchi della Capitale. Il punto di svolta, se così si può dire, è il giorno in cui papa Giovanni Paolo II, affacciato alla finestra di san Pietro durante l’Angelus della domenica, esorta i rapitori a riconsegnare la giovane ragazza romana. Punto di svolta perché il papa, forse inconsapevolmente, aveva dichiarato in pubblica piazza di essere a conoscenza della vicenda e soprattutto del fatto che Emanuela fosse stata rapita. Si susseguono poi una caotica serie di eventi che portano ad un intreccio di prove, piste e depistaggi, con responsabilità di volta in volta attribuite a sette, criminalità organizzata nazionale e internazionale; il tutto con il sospetto più volte emerso di un coinvolgimento del Vaticano stesso, anche solo per coprire la verità. Ma di fatto poi, a livello giuridico, non vi sono mai state prove per decretare la colpa, il colpevole, il motivo. Ci ritroviamo perciò nel 2023, a 40 anni dall’evento, a non sapere se Emanuela sia ancora in vita, e, se così fosse, né il movente né i fautori di tale azione. Una sola cosa è certa: Pietro Orlandi non si arrenderà mai pur di sapere cosa è successo a sua sorella, perché, come ci ha più volte ripetuto, in un Paese che pone al centro è la difesa dei diritti, non ci si può dimenticare del più importante tra questi: il diritto alla verità!

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