di Chiara Colace, I H
Cara Giulia, Giuli, Giulietta, Giugiu…
Immagino con quanta affettuosità le tue amiche ti avessero battezzata con vari soprannomi, cercando di individuare quello perfetto che ti rappresentasse al meglio. Vorrei scriverti come farei con un’amica, usando poco il tuo nome proprio, proprio come si fa con quelle persone speciali che si trovano nel cuore. Ma, ahimè, questa pseudo lettera non raggiungerà mai i tuoi occhi. Non perché tu non voglia leggerla, ma perché questa possibilità ti è stata ingiustamente sottratta. Così come sono stati negati a te il diploma, la laurea, la possibilità di vivere appieno. E questa situazione, sinceramente, ha raggiunto il limite della sopportazione, oltre ogni misura.
Gli innumerevoli verbi passivi che descrivono la tua tragedia si stagliano su giornali e canali televisivi, creando un’atmosfera in cui sembra che la morte si sia manifestata con una falce oscura e un mantello nero, inghiottendo persone a casaccio. Tuttavia, la realtà è diversa. Tu, Giulia, non sei solo morta; ti hanno uccisa.
La morte che ti ha portato via da questo mondo ha un nome, un cognome, una faccia e una vita. Fino a poche ore fa, probabilmente aveva anche degli amici. Non dobbiamo limitarci a parlare di te come di una vittima, ma dobbiamo rendere giustizia alla tua identità, alla tua giovinezza e alla tua passione. Non possiamo ignorare che il responsabile di questo crimine è Filippo Turetta, coetaneo di 22 anni, dagli occhi chiari e i capelli castani, originario di Torreglia, che studia Ingegneria Biomedica e condivide la tua passione per il trekking.
È facile etichettarlo come assassino e depersonalizzarlo, inserendolo nell’anonimato di coloro che tolgono la vita altrui. Tuttavia, credo che ora lui stesso abbia addosso tanti appellativi quanti ne abbiamo noi quando discutiamo di ciò che ti è successo. È probabile che faccia fatica a ricordare il proprio nome, ma dovrebbe almeno ricordare di aver privato il mondo di una persona che probabilmente chiamava “amore”.
Cesare Pavese scrisse una volta: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Se inizialmente si riferiva agli occhi di una donna, oggi possiamo estenderlo a te e a tante altre donne che hanno chiuso i loro occhi di fronte a un uomo. Non un mostro, non una figura mitologica, ma gli occhi di Filippo Turetta, 22enne, dagli occhi chiari e i capelli castani, di Torreglia, studente di Ingegneria Biomedica, appassionato di trekking.
Ma è altrettanto fondamentale ricordare te, Giulia, e associare alla parola “vittima” il tuo nome. Avevi 22 anni, capelli castani e lunghi con la frangetta, occhi scuri, eri di Vigonovo, in provincia di Venezia. Studiavi Ingegneria Biomedica ed eri appassionata di disegno e fumetti. È triste che debba usare il tempo passato quando parlo di te. Triste che, quest’anno, 105 donne, dopo aver amato un uomo, siano diventate passato.
Spero sinceramente che qualcuno possa raccogliere i tuoi disegni, quei disegni che amavi tanto, e dare vita al libro per bambini che sognavi di creare. Che possa contribuire a formare bambini abituati all’amore, educati ad amare, in modo che il tuo spirito possa vivere attraverso le pagine di un futuro migliore.