di Chiara Colace, I H
Grazie al collettivo Zero Alibi, il 29 gennaio è stato possibile assistere a un incontro con Ibrahima Camara, presidente della Commissione Cultura dell’associazione Fulbe in Italia e segretario generale dell’Associazione dei Senegalesi di Roma.
Gli studenti hanno avuto la possibilità di discutere dell’integrazione dei migranti e della sua esperienza come vittima di razzismo. Ibrahima Camara esordisce nell’incontro dicendo: ‘Il razzismo è il frutto dell’ignoranza. Io stesso l’ho vissuto. Chiamarlo razzismo giustifica un’ideologia basata sull’ignoranza, il primo nemico del mondo. Incontrarsi con il diverso può creare difficoltà, paura e curiosità. Oggi siamo qui per parlarne e, come dice il nome dell’incontro, faremo un passo verso l’altro.’ Successivamente ci ha fatto sedere più vicini per avvicinare i gruppi e non creare ulteriori confini tra gli esseri umani.
Ibrahima ci ha raccontato la sua storia. Egli viene dal Senegal, un paese dell’ovest dell’Africa che ha come lingua ufficiale il francese, frutto della colonizzazione, la quale, secondo il nostro ospite, ha di certo fornito molte opportunità al popolo, seppur distruggendo l’identità culturale del paese. Egli ci dice: ‘Se voi andate là, sarete in quanto bianchi una minoranza.’ La stessa cosa accadde a lui quando, nel 1993, andò in Francia per lavoro, dove si sentì per la prima volta straniero, diverso, oggetto di paura per gli altri. Ciò causò pregiudizi e discriminazioni che ancora oggi, purtroppo, è costretto a vivere.
Ibrahima è stato un grandissimo viaggiatore: dalla Germania alla Svizzera, al Lussemburgo, all’Italia, prima a Brescia e poi a Roma, dove ha trovato una forte connessione con sé stesso. Appena arrivato in Italia, ha percepito tanti rumori: ‘Clacson e gesti erano protagonisti di questo paese.’ Per trovare lavoro, egli dovette faticare molto: gli fu proposto di vendere a Porta Portese, ma poiché poco gratificante e contrario ai suoi ideali e quelli della comunità che lo ha accolto, scelse di rifiutare per fare poi una molteplicità di lavori, tra cui un impegno in comune. Tra queste occupazioni emergono l’insegnamento del francese, la mediazione interculturale e il lavoro presso il fondo interculturale della Caritas.
Nella seconda parte dell’incontro non vi è stato un oggetto unico del discorso, ma un soggetto centrale: l’integrazione, tra la storia classica, quella attuale, parlando di leggi, visti, narrazioni di diverse culture, musica, sport e aneddoti di discriminazioni. Lo stesso incontro nel nostro liceo è un’opportunità per fare un passo verso l’altro, per essere più consapevoli, per essere ‘Comunità’.