di Francesco Artesi, III H
Tempo fa in un’intervista al quotidiano inglese The Guardian la senatrice Liliana Segre si è detta
molto preoccupata della narrazione intorno all’Olocausto, che pian piano sta scomparendo dai libri
di scuola.
Intervistata al The Guardian, la senatrice ha parlato del suo ‘’incubo personale’’. La 92enne è
l’unica sopravvissuta della sua famiglia all’Olocausto e ha molto a cuore la narrazione che c’è
intorno a questo argomento. Di seguito alcune delle sue dichiarazioni: «Che l’Olocausto possa
finire per trasformarsi in una sola riga nei libri di storia è il mio incubo personale. Non è
pessimismo, ma il frutto dell’osservazione. Guardo certi fatti con lo spirito dello scienziato:
l’esperimento è tatuato sulla mia pelle. Qualcosa è andato storto e resta ancora molto da fare».
Liliana Segre: tra speranza e minacce.
Nata a Milano, fu espulsa dalla scuola nel 1938 dopo che Benito Mussolini promulgò leggi razziali.
Aveva 13 anni quando, il 30 gennaio 1944, fu arrestata dalla polizia fascista e deportata, insieme
ad altri familiari, ad Auschwitz. All’arrivo nel campo di sterminio fu separata da suo padre, ucciso il
giorno dopo. Segre ha vissuto con i nonni materni nelle Marche dopo essere tornata in Italia. Ha
reso pubblica la sua esperienza ad Auschwitz solo negli anni ’90 e da allora ha dedicato gran parte
del suo tempo a visitare scuole e università per insegnare agli studenti l’Olocausto. Al The
Guardian ha detto «Noi sopravvissuti… abbiamo il dovere di testimoniare, Storia e memoria
vanno di pari passo e sono patrimonio comune dell’umanità. Se la memoria evapora come la
nebbia, il mondo sarà condannato, come il girone dantesco, a perpetuare l’orrore».
Segre è stata
vittima di molte minacce, non solo dopo esser stata nominata presidente di una commissione
parlamentare, nata per combattere il razzismo, l’antisemitismo e l’incitamento all’odio, ma anche
per aver sostenuto il vaccino anti-covid-19. «Vivere sotto scorta della polizia all’età di 92 anni è
incredibile – ha detto Segre –. Sono stata sottoposta ad attacchi razzisti, cose incredibili. Non è mai
faccia a faccia; tutto è consumato e amplificato online, un luogo chiuso dove gli odiatori da tastiera
scatenano il peggio degli istinti umani con autentica brutalità, con i volti coperti e le identità
camuffate da vezzeggiativi. Temo che non esistano cure efficaci per il razzismo e l’intolleranza.
Devono essere combattuti. È una guerra, come diceva sempre Primo Levi».