di Danila Muhametaj, III E

Seneca riflette spesso sul rapporto con il passato, invitando alla prudenza nell’attaccarsi ad esso. Nei suoi scritti, specialmente nelle Lettere a Lucilio, Seneca sottolinea l’importanza di concentrarsi sul presente e di non lasciarsi consumare dai rimpianti o dalle nostalgie per ciò che non si può cambiare. Per lui, la vita saggia consiste nel vivere in accordo con la ragione, e uno dei più grandi ostacoli alla serenità interiore è proprio l’ossessione per il passato.

In particolare, Seneca suggerisce che gli eventi passati non devono controllare le nostre emozioni o influenzare le nostre azioni attuali. Egli sottolinea l’importanza di accettare con serenità ciò che è stato, sapendo che il passato non può essere modificato, ma solo interpretato con saggezza per trarne insegnamenti. La nostra attenzione dovrebbe invece essere rivolta al presente, l’unico tempo che possiamo effettivamente controllare.

Questa riflessione si collega anche alla sua concezione del tempo: il passato è già trascorso, il futuro è incerto, e l’unico modo per vivere pienamente è concentrarsi sul momento presente.

Il mio passato si suddivide in diverse fasi, una di queste, che ha caratterizzato maggiormente il mio passato e lo ha influenzato molto, riguarda principalmente il periodo iniziale della mia adolescenza.

Se potessi scrivere la storia della mia vita, conoscendo già non solo ciò che ho vissuto, ma anche cosa mi aspetta, sarebbe un’assicurazione, troppo scontato e semplice: se una persona sapesse già cosa ha in serbo per lui il futuro, sarebbe preparato e forse più tranquillo e sicuro, sapendo come gestire gli eventi; ma noi, come evidenzia Seneca, non abbiamo potere sul nostro futuro e dunque lo temiamo, incerti di quello che potrà accaderci. Dandomi tempo e soprattutto conoscendomi, ho imparato che adoro complicare tutto: qualsiasi cosa mi si ponga di fronte, se da me ritenuta “semplice”, sento che devo fare di più, devo straziarmi, arrivare allo sfinimento, solo allora mi ritengo soddisfatta. Si, sono una persona determinata, ma nel momento in cui non riconosci il limite che devi porti il tuo procedere può diventare autodistruttivo. Com’è brutto vedere la gente disperarsi quando i loro programmi non rispecchiano le loro aspettative, e vedere questi umani abbattersi così facilmente. La mia è stata una rivolta interiore, peggio di qualsiasi altra guerra.                                                    

Rispettare la sensibilità altrui. Però, sai, c’è quel momento in cui sei sola e stai piangendo in camera tua, perché ti senti un punto rosso in mezzo agli altri, ecco, a quel punto, ti senti ghiacciare, e senza neanche chiedere un tipico permesso il freddo parte dallo stomaco per arrivare al cuore, al naso, alle mani; e tu non hai nessun abbraccio, nessuna carezza a scaldarti il petto, e cominci a sentirti piccola, minuscola, come se potesse crollarti il mondo addosso in un istante e non avessi nulla con cui ripararti, come se ti sentissi così vuota da non riuscire a sorreggere i pensieri che la mente ti affida, come se tutto diventasse impossibile da sostenere, come per te, che ti senti calpestata da un gigante. 

Una voce allora dice buttati nella sofferenza: noi umani vorremmo non provarlo mai il dolore, non affrontarlo, non elaborarlo, tentando invece di cancellarlo, ma l’amore per noi stessi dovrebbe essere la medicina.

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