di Sofia Liverani e Bianca Muffato, II F

Per iniziare, in che cosa consiste il progetto Erasmus+?

Prof.ssa Graziana Morigine: Da quest’anno più compiutamente che in precedenza, le attività di Erasmus si concretizzano in viaggi d’istruzione all’estero che daranno la possibilità agli studenti – e secondo me anche ai docenti – che parteciperanno di scoprire visioni del mondo, modi di vivere e di studiare completamente diversi dai nostri.

Le professoresse Bartoletti e Luppino già in precedenza avevano iniziato a prendere contatti con scuole straniere per effettuare questi scambi culturali; ad oggi siamo arrivati ad aver stretto dei rapporti stabili con sei scuole. Due di esse, potenzialmente molto diverse tra loro, si trovano ad Atene: l’una è un istituto privato, che la professoressa Bartoletti ha scelto in quanto al suo interno racchiude un piccolo ma interessante sito archeologico, l’altra è una scuola pubblica nella zona del Pireo. Siamo inoltre in contatto con una scuola a Santiago de Compostela, con una a Monaco, con un istituto in una città svedese vicino a Stoccolma, e con una a Vilnius, in Lituania.

Prof.ssa Barbara Bartoletti: Ciò che ritengo importante specificare è che questo è soltanto il primo passo verso un futuro che vediamo sempre più di collegamento a scuole europee. Il finanziamento destinato a questa iniziativa che abbiamo ricevuto dall’Unione Europea ha un budget su scala contenuta e ci consente di muovere soltanto 30 persone in tutto; se consideriamo che la popolazione fra studenti e insegnanti del Giulio Cesare supera le mille unità, è ovvio che saranno in pochi a partire quest’anno. Tuttavia questo ci servirà per imparare a muovere i primi passi nel mondo Erasmus; ci auguriamo sin da subito che siano un successo, in modo tale da riuscire poi a far partire gruppi sempre più consistenti.

Prof. Morigine: Al momento siamo ancora in fase di preparazione delle attività vere e proprie, che si svolgeranno in primavera. Abbiamo intanto potuto incontrare persone con cui collaboreremo attraverso un lavoro di job-shadowing, andando sul posto a conoscere l’istituto e i nostri colleghi stranieri per instaurare con loro un rapporto e per osservare la modalità di lavoro che applicano, confrontandolo con la nostra. In questo modo, conoscendo i ragazzi che i nostri studenti a loro volta incontreranno, abbiamo avuto la sensazione di un cammino che si sta costruendo piano piano, di cui già possiamo vedere i primi passi. L’entusiasmo che ci alimenta e che si moltiplica viene anche da qui.

Prof. Bartoletti: La dirigenza, tra l’altro, ci sta lasciando davvero carta bianca; c’è solo un problema che abbiamo dal punto di vista amministrativo, ovvero ottenere le firme necessarie per velocizzare le pratiche. La preside comunque è assolutamente d’accordo con questo processo di apertura e non sta mettendo alcun tipo di veto.

Qual è, secondo la vostra opinione, lo scopo di questo progetto?

Prof. Bartoletti: Lo scopo, a mio parere, è anche – mi perdonerete l’espressione – di buttarci un po’ tutti quanti giù dal piedistallo su cui amiamo stare: troppe persone qui dentro sono convinte che questa scuola sia arrivata all’apice della sua realizzazione. La nostra scuola è certamente da tanti decenni un modello tra le sue pari per le modalità di insegnamento e di apprendimento tradizionale, ma l’Europa non funziona più così, e il mondo del lavoro in particolare: a livello di conoscenze noi siamo innegabilmente avanti, ma per quanto riguarda le competenze e come esse siano applicate nel mondo del lavoro o in altre esperienze, noi dobbiamo ancora imparare. All’estero usano delle metodologie diverse e questi viaggi servono per l’appunto a lanciarsi verso un presente in cui noi siamo poco presenti.

Prof. Morigine: Estremamente stimolante è incontrare scuole e studenti che lavorano diversamente: in alcuni casi in maniera più moderna, ma non certo sempre. Inoltre, noi non siamo pratici nell’utilizzo delle tecnologie.

Prof. Bartoletti: …e anche dei nuovi metodi non necessariamente tecnologici.

Prof. Morigine: Però gli strumenti li possediamo e siamo in una condizione di poterli utilizzare anche apprendendo dallo scambio con gli altri: durante il nostro job-shadowing a Santiago, la collega Luppino ed io abbiamo interagito con i colleghi, noi in italiano e loro in gallego – sono molto legati alla difesa della loro lingua – eppure ci siamo intesi perfettamente! Non abbiamo adoperato affatto l’inglese. Per me anche solo questo rappresenta un elemento di ricchezza che non è tecnologia né futuro, ma uno stimolo culturale molto forte.

Quindi senz’altro ci interessa l’elemento del progresso e l’interagire quindi con scuole che ci possano trascinare verso il futuro, ma anche il guardare ad altri che vivono situazioni di normalità. È un’opportunità per uscire da questo lavoro, spesso chiuso nelle nostre convinzioni, per guardarci intorno.

Prof.ssa Teresa Luppino: Il nostro obiettivo, per me, è di investire i ragazzi che andranno a fare questa esperienza di una responsabilità, rispetto anche a tutta la comunità scolastica: quella di diffondere questa esperienza, di diventare ambasciatori di cambiamento, di spiegare cosa vuol dire fare uno scambio di questo genere. Lo scopo è di far vedere come non si tratti semplicemente di un viaggio per visitare un luogo bensì, come dicevamo prima, di andare a vivere un’esperienza di vita che è in primo luogo un grande stimolo per i ragazzi, ma che poi deve essere trasmesso come atteggiamento mentale a tutta la nostra comunità scolastica. Ci piacerebbe che questa apertura diventasse un segno riconoscitivo della nostra scuola, insieme all’importanza di dare e ricevere una visione culturale diversa.

Prof. Morigine: Questo criterio della disseminazione è proprio richiesto da Erasmus, e noi ci crediamo fermamente, perché non vogliamo che l’esperienza resti limitata ai pochi fortunati che sono investiti di questa piacevole responsabilità: vorremmo, in futuro, organizzare delle occasioni in cui parlare e far parlare i ragazzi.

Già nei nostri primi passi è evidente la differenza delle scuole scelte, e ci piacerebbe che passasse un messaggio della molteplicità e della ricchezza dell’Europa; è un modo per mettere in discussione sé stessi e domandarsi chi sono io rispetto agli altri che ho incontrato e il bello, secondo noi, è che questo lavoro su di noi non resta circoscritto: chi vive l’esperienza può raccontare e facendolo generare la motivazione per gli anni prossimi. A noi la motivazione interessa molto e vogliamo capire chi è veramente motivato a partire…

Prof. Luppino: …e chi è disponibile a mettersi in gioco.

Prof. Morigine: Esattamente. Chi è disponibile, come diceva la professoressa Luppino, a farsi ambasciatore e a prendersi come incarico una sorta di piccolo compito, però importante, che sarà sia di collaborazione con noi del team, ma soprattutto di relazione con gli altri ragazzi della scuola, che al momento non possono partire per la selezione.

Prof. Bartoletti: L’entusiasmo deve ricadere su tutta la scuola se vogliamo che ci sia un cambiamento, altrimenti sarebbe solo un viaggio fine a sé stesso.

Come sono state le vostre esperienze finora?

Prof. Luppino: Per quanto riguarda, ad esempio, la scelta della Spagna, io ne sono stata particolarmente contenta una volta arrivata lì: quella in cui andiamo è una Spagna un po’ diversa da quella del nostro immaginario. La Galizia è una regione un po’ celtica, con una cultura e un modo di vivere diverso, e questo ci ha intrigato molto.

Prof. Morigine: Si tratta di una terra di confine, si sente la particolarità del luogo. Noi siamo rimaste lì soltanto tre giorni, eppure quel poco tempo ci è bastato per assorbire questa energia e avere le sensazioni esaltanti che la professoressa ha descritto; immaginiamo di poter moltiplicare questa esperienza di trasmettere questo entusiasmo ai nostri colleghi che avranno la fortuna di partire per l’esperienza di job-shadowing: una sorta di effetto di “alone virtuoso”.

Ogni esperienza sarà dello stesso tipo?

Prof. Morigine: Ogni esperienza ha, ovviamente, un contenuto disciplinare: generalmente si va sulle materie STEM, ma è più appropriato dire che variano più che altro a seconda della scuola in cui ci si reca. Per fare un esempio, ad Atene lavoreremo sul sito archeologico precedentemente menzionato; quindi ogni volta c’è un progetto di contenuti.

Prof. Bartoletti: Gli ambiti sono tre: la valorizzazione del patrimonio culturale artistico, e per questo avremmo la Grecia e la Svezia, le STEM, e per questo lavoreremo con il Belgio e con la Germania, e poi la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale, e per questo abbiamo Santiago e la Lituania.

Prof. Luppino: E non significa soltanto guardare ciò che fanno loro, bensì portare qualcosa anche noi nel luogo dove andiamo: questo è lo scambio.

Prof. Morigine: I ragazzi avranno poi un contatto prima del viaggio con altrettanti studenti della scuola ospitante. Si conosceranno prima a distanza, in modo che l’accoglienza abbia alle sue spalle un accompagnamento.

Gli studenti, nel pratico, a che attività parteciperanno?

Prof. Bartoletti: A tutte le attività scolastiche della scuola ospitante. Poi, in particolare alle attività con ricaduta diretta sul nostro ambito scelto per quella destinazione, ma non soltanto; nonostante a Monaco, ad esempio, andremo per potenziare le STEM, vedremo come studiano latino, partecipando anche alle loro lezioni. Avremo dunque la possibilità di confrontare tutto il sistema scolastico in generale e la vita scolastica quotidiana.

Prof. Luppino: Faremo anche delle attività di laboratorio e delle attività in giro per la città, essendo previste delle visite di luoghi importanti, sempre nell’ottica di conoscere il territorio.

Prof. Morigine: A Santiago vedremo gli studenti partecipare alle classi di gallego, lingua ufficiale della Galizia che viene insegnata alle nuove generazioni perché non scompaia.

Qual è il vostro prossimo punto da conseguire in programma?

Prof. Morigine: Stiamo completando le visite di conoscenza; dopo la Grecia, la Svezia e l’Estonia avremo finito, servirà soltanto ultimare le preparazioni dei viaggi. Poi si tratterà di selezionare i ragazzi che parteciperanno ai tre scambi: saranno sei studenti per volta accompagnati da due docenti, e per questo verranno stabiliti dei criteri.

Prof. Bartoletti: Quest’anno partiranno in tutto solo 21 ragazzi: sono pochi e i criteri di selezione restringeranno moltissimo il campo. Sarà quasi una lotteria. Però questo è solo un primo esperimento, quindi ci aspettiamo di poter avere, in futuro, fondi più consistenti per dei gruppi consistenti di 25-30 ragazzi.

Non è un viaggio di puro piacere, bensì di apertura, di lavoro con gli altri: buona parte delle famiglie del Giulio Cesare sono in grado di viaggiare in autonomia, ma il tema non è il viaggio di per sé, bensì lo scambio e l’accrescimento reciproco, un miglioramento di entrambe le parti come risultato di un incontro tra culture e mentalità diverse.

Chi potrà partecipare, dunque, a questo progetto?

Prof. Bartoletti: Parteciperanno i ragazzi del terzo anno, non essendo né troppo piccoli né troppo vicini all’uscita dalla scuola, in modo da poter effettuare efficacemente questa attività della disseminazione. Questo tuttavia non toglie la possibilità di avere chiunque altro disponibile a lavorare in modalità a distanza con queste scuole.

Il progetto prevede la modalità di lavoro blending, quindi non solo in presenza; alcuni alunni stranieri verranno qui in primavera, ma ci saranno anche delle attività condivise su cui lavoreremo a distanza, in alcuni casi usando anche i visori VR o la tecnologia di cui disponiamo, e questo lavoro si può fare anche con altre classi.

Come avete scelto le vostre mete?

Prof. Morigine: Non abbiamo scelto delle mete straordinarie e popolari tanto per fare qualcosa alla moda. Addirittura i ragazzi dormiranno, così come i professori, negli ostelli: la condizione è quindi di semplicità, che non vede nella comodità il suo elemento di punta. Stare in un ostello è importante perché esso è un luogo dove è più facile che avvenga lo scambio e perché ci sono spazi in cui può avere luogo una conversazione e una condivisione, che per noi è un punto fondamentale.

Per concludere, telegraficamente, che cos’è il progetto Erasmus+ per voi?

Prof. Luppino: Un’interazione tra persone simili e allo stesso tempo completamente diverse che può rivoluzionarci.

Prof. Morigine: Non è certo un viaggio che finisce non appena si svuota la valigia.

Prof. Bartoletti: Un cammino, una sorta di pellegrinaggio verso una meta che troviamo in noi stessi cercando negli altri.

Di Sofia Liverani

II F, caporedattrice, prima paginista, articolista.

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