di Romano Marando, III D
Aleksandr Sergeevič Puškin è considerato il padre della letteratura russa. Poeta e drammaturgo, è riuscito a dare una forma e uno stile preciso alla lingua russa.
Uno dei suoi scritti, “La figlia del capitano” è tra i più conosciuti e apprezzati dell’autore, rappresentativo del suo interesse per le radici culturali e sociali della Russia.
La figlia del capitano, pubblicato nel 1836, narrato in prima persona, è la storia del giovane Pëtr Grinëv (il personaggio principale), figlio di un ufficiale nobile. Il padre, volendo che il figlio impari il valore della disciplina, lo invia a prestare servizio militare in una remota fortezza sul confine sud-orientale della Russia. Durante il viaggio, Pëtr incontra un uomo misterioso che successivamente si rivela essere Emel’jan Pugačëv, il leader della rivolta.
Nella fortezza, Pëtr conosce e si innamora di Maša Mironova, figlia del capitano della guarnigione. La loro storia d’amore si intreccia con i drammatici eventi della rivolta. Pugačëv conquista la fortezza, risparmiando Pëtr per un gesto di gentilezza ricevuto in precedenza. Tuttavia, Pëtr rimane fedele all’impero e combatte per difendere l’onore di Maša e della sua famiglia.
Il romanzo culmina con un processo giudiziario contro Pëtr, accusato di tradimento per i suoi legami con Pugačëv. Sarà Maša a riscattarlo, rivelando la verità e dimostrando il suo coraggio. La storia si conclude con il perdono imperiale, mostrando come la lealtà, l’amore e l’integrità personale possano prevalere nelle difficoltà.
Ma perché quest’opera divenne tanto importante per la popolazione russa?
Nel 1862, dopo la morta di Karamzin, Puškin divenne il nuovo storiografo ufficiale di Nicola I. Questo gli permise di poter accedere agli archivi di stato.
L’imperatore russo gli aveva affidato il compito di scrivere la storia di Pietro Grande, lo zar fondatore della città di San Pietroburgo.
Grazie all’inspirazione creatasi dopo aver compreso il modello dei romanzi storici di Walter Scott si creò “Arap di Pietro il Grande”, che però finì per non essere terminato.
Puškin successivamente si appassionò alla figura di Pugačëv, il rivoluzionario cosacco che grazie al malcontento della popolazione riuscì a creare una rivolta contadina verso la monarchia degli Zar.
Puškin fece anche un viaggio nella provincia di Orenburg, luogo dove inizió la rivolta. Parlò pure con vari testimoni della rivolta. Da ciò nacquero “Storia della rivolta di Pugačëv” e “ La figlia del capitano”.
Spesso questo romanzo è considerato come una semplice storia d’amore, ma nasconde molto di più.
La figlia del capitano tratta la vita di un individuo il quale desiderava trascorrere la sua vita in pace e tranquillità ma a causa della rivolta dei contadini è stato costretto a dover crescere.
Crescere quasi troppo in fretta. Notiamo, dall’inizio alla fine del romanzo, un cambiamento in Pëtr: lo incontriamo come un figlio nobile, un baronetto quasi “coccolato dalla famiglia”, fino ad un uomo costretto a combattere. Un uomo che ha dovuto passare tradimenti, anche dagli stessi amici e varie tentazioni.
Il fenomeno de “La figlia del capitano” è quello di un individuo, il quale cerca soltanto la pace ed la tranquillità, costretto ad incontrare la rivolta di Pugačev, e anche la stessa Caterina II.
Come epigrafe al romanzo, Puškin scelse le parole di un proverbio “Prenditi cura del tuo onore fin dalla gioventù”. Il testo completo è: “Prenditi cura dell’abito da quando è nuovo e dell’onore dalla gioventù”.
Nel Romanzo Puškin considera la rivolta di Pugačëv come un’azione insensata e spietata.
Ma perchè questo?
Ben undici anni prima dell’uscita del romanzo, nel 1925, accadde «La rivolta dei decabristi».
Giovani nobili che credevano di poter cambiare la violenza dello zar e lottavano per i diritti del popolo e per la costituzione.
Sette di loro furono impiccati e altri mandati nelle prigioni siberiane, conosciute per la crudeltà nei metodi e per il clima estremo. Tanti di loro erano amici di Puškin, ma anche lo stesso poeta diverse volte era stato condannato per la sua poesia, poiché parlava di libertà sociale.
A casa di ciò nel romanzo, e nel pensiero di Puśkin, si crea questo velo tragico, a dimostrazione che tramite la rivoluzione non si può ottenere nulla e che porterebbe solo dolori alla popolazione perché: impossibile da vincere.
Puškin considera la rivolta dei contadini inutile ed ingiusta ma la cosa importante in queste situazioni è rimanere una persona corretta e giusta. Una persona che segue dei valori, che segue un ideale.
Maša che combatte per il suo amato Pëtr e anche lo stesso Pëtr che finisce in duello per Maša.
Non è un’opera lineare, non tratta solo di amore.
È un’opera che parla di società, del malcontento comune, di amore e del senso di onore di un giovane.
“La figlia del captino” è un capolavoro della letteratura mondiale, che affronta temi della società, con una narrazione scorrevole e coinvolgente.
Un romanzo quasi di formazione per far capire a chiunque le difficoltà del periodo storico e la crescita del personaggio principale.