di Veronica Angelini, II G, Sofia Liverani e Bianca Muffato, II F
In che cosa è consistita la vostra attività di job shadowing?
Professor Salvatore Tufano: Il lavoro di job shadowing è una parte importante del programma di Erasmus+ che si concretizza in una settimana durante la quale noi docenti osserviamo la didattica quotidiana e laboratoriale delle scuole affiliate, quindi non soltanto le attività obbligatorie bensì anche quelle facoltative, delle scuole con le quali il nostro liceo ha l’intenzione poi di avviare uno scambio. Noi docenti siamo accolti dai referenti del posto del programma Erasmus e seguiamo delle lezioni soprattutto delle discipline principali che abbiamo in comune con queste scuole. Per esempio noi abbiamo seguito lezioni nei due licei che abbiamo visitato di greco antico, filosofia, chimica e storia antica. Lo scopo finale di questa esperienza è quello di capire la differenza dei sistemi scolastici ma allo stesso tempo anche di valutare quanti vantaggi si possano trarre da questo scambio e quindi cercare poi di riferire ai referenti nostri del liceo classico Giulio Cesare quali siano i nostri e i loro punti deboli o punti invece di forza dei rispettivi programmi.
Come si articolavano le vostre giornate?
Professoressa Valentina Azzinnari: Ogni mattina ci recavamo a scuola di routine partecipando alle normali lezioni oppure prendendo parte ad attività particolari: una volta, per esempio, abbiamo fatto un’esperienza di una visita archeologica con una classe. Dopo pranzo, poi, eravamo liberi di girare per la città, visitare musei, assaggiare il cibo tipico e comunque respirare l’aria della cultura nella città: insomma, come si vive il quotidiano ad Atene.
Prof. Tufano: Esatto, si vede dall’interno quello che è il mondo della scuola all’estero, ma anche il quotidiano. Abbiamo girato la città di Atene quasi come dei lavoratori del posto che si possono permettere poche ore di tempo libero al giorno e questo è stato molto interessante perché è un modo più autentico di, come avrebbe detto un filosofo francese, “camminare la città”, cioè proprio esplorarla con i piedi, ma non da turista
A quali attività avete partecipato?
Prof. Tufano: Siamo stati in due scuole molto diverse, un liceo pubblico del Pireo e un liceo privato di Anixi, un’area a nord-est dell’Attica, che hanno programmato il percorso di job shadowing in modo molto diverso. Abbiamo innanzitutto seguito lezioni frontali in aula in una modalità del tutto analoga a quella che abbiamo qui tutti i giorni. Per esempio, abbiamo partecipato a una lezione di un collega su Platone e abbiamo visto un momento, durante l’ora di storia, durante il quale i ragazzi dovevano preparare degli approfondimenti sull’età augustea suddivisi in piccoli gruppi.
Oltre a questo lato tradizionale della didattica abbiamo anche seguito dei laboratori e delle attività facoltative nel sistema di studi greco, come il laboratorio teatrale durante il quale i studenti più piccoli erano proprio invitati ad affrontare le diverse sfide del mestiere dell’attore, o un laboratorio di archeologia, perché l’archeologia stessa è una disciplina a sé stante nel sistema scolastico greco. Un aspetto forse più curioso ma interessante è stato anche un laboratorio facoltativo di danza, perché durante le ore di scienze motorie, in Grecia, gli studenti possono scegliere di studiare le danze tradizionali greche, quelle che noi vediamo di solito associate a matrimoni e feste di nozze, ma che in realtà poi affondano le loro radici della cultura millenaria di questa penisola. Sono veramente interessanti perché al di là del lato apparentemente ludico, ho intravisto proprio alcuni passi e alcuni simboli della cultura greca che trasmettono il fascino della scuola locale, di questo ponte che va dall’età minoica alla contemporaneità.
Un’ultima attività che mi è piaciuta molto e che uno dei due licei ha sempre in programma riguarda un laboratorio di epigrafia greca, durante il quale gli studenti partono dalla lineare B, preparando tavolette di argilla con frasi molto semplici – ci hanno mostrato, per esempio, un’attività sulla frase che in italiano vuol dire “buona estate” – scrivendo questo stesso concetto in tutti i sistemi di scrittura che ci sono stati nella penisola greca, anche in tutte le fasi della lingua greca dall’antichità fino al greco moderno. Curioso come in questo spazio abbia trovato un manuale di epigrafia greca molto diffuso nelle università italiane; è stato emozionante vederne la traduzione in greco moderno utilizzato in una scuola greca.
Prof.ssa Azzinnari: Personalmente ho molto apprezzato l’introduzione di materie come, per l’appunto, l’epigrafia o l’archeologia, che anche all’interno del liceo classico sarebbero una perla, perché no – soprattutto l’epigrafia, perché poi l’archeologia diventa più difficile per i siti, serve comunque del terreno. Quello che però mi ha colpito negativamente è come tutto questo venga affrontato nella maniera minima possibile: non ho avuto per nulla la sensazione che poi lo studio dell’epigrafia come anche solo del del latino, del greco, della filosofia, o della storia, sia effettivamente approfondito; certamente è il loro programma è svolto in maniera molto ridotta rispetto al nostro.
Avete avuto un episodio che ha scaturito in voi quello che si chiama shock culturale, cioè un qualcosa di inaspettatamente molto diverso dalle nostre scuole?
Professor Tufano: Forse non tanto da chiamarli shock culturale, ma sicuramente è molto diversa l’organizzazione dell’orario nelle scuole greche: in entrambi gli istituti in cui siamo stati erano previste delle pause, delle piccole ricreazioni dopo ciascuna ora di lezione. Gli studenti frequentano ore effettive di 45-50 minuti e dopo ciascuna di queste lezioni vi è sempre una pausa di almeno 5 minuti e talora 10-15. Questo significa che in generale la loro giornata scolastica finisce più tardi, dopo le 2-3, ma mi è parso che i ragazzi fossero poi più attenti durante le singole ore, seguendo meglio le lezioni che risultano evidentemente meno pesanti e martellanti.
Un altro aspetto che devo dire da docente italiano mi ha colpito in positivo della scuola greca è l’educazione degli studenti e l’uso estremamente moderato del cellulare. Ho dovuto chiedere ai colleghi se avessero adottato misure specifiche, ma non ho visto nessuno studente con il cellulare in mano durante le lezioni e nemmeno nelle pause; sembrava una vera e propria abitudine dei ragazzi, non un comportamento imposto.
E quindi, come siete stati accolti? È stata un’esperienza positiva?
Prof.ssa Azzinnari: Sì, assolutamente sì. Siamo stati accolti con grande entusiasmo: volevano mostrarci tutto il possibile, offrendoci davvero di tutto, dal materiale didattico al cibo. A me, per esempio, hanno regalato dei libri di testo in greco, dato che avevano notato il mio interesse. Poi si è sviluppata una sorta di felicità e collaborazione reciproca che ci ha subito messo in sintonia con i nostri colleghi greci.
Professor Enrico Vampa: Abbiamo proprio ricevuto quella che è una forma di ospitalità omerica, un’ospitalità molto generosa sia in dati proprio sostanziali perché siamo stati invitati a pranzo e ci hanno sempre accolto con numerose pause e regali di ogni genere, un’attenzione veramente commovente. Abbiamo tutti preso qualche chilo, ma abbiamo anche ricevuto proprio una grandissima gentilezza da parte di tutto il personale delle scuole dove siamo stati.
Prof.ssa Azzinnari: Un’ospitalità omerica, hai detto bene, una φιλοξενία.
Oltre che da un punto di vista professionale e umano con loro, anche tra voi tre docenti si è instaurato un rapporto più stretto rispetto a prima?
Prof. Vampa: Certo. Molto spesso c’è una conoscenza tra gli insegnanti abbastanza superficiale, invece un viaggio del genere permette oltre che la nascita di amicizie, un’affiliazione anche professionale, il che è, a mio avviso, incredibilmente vantaggiosa.
Prof.ssa Azzinnari: Comunque stai a stretto contatto quasi 24 ore su 24 con i tuoi colleghi, quindi al di là poi dell’aspetto ovviamente prettamente scolastico, naturalmente ha comportato poi la nascita di una familiarità maggiore.
Credete che un’esperienza analoga possa avere lo stesso effetto sugli studenti, tra di loro, una volta che fanno gli scambi?
Prof. Tufano: Sì, sicuramente. La vostra generazione è più internazionale di quanto fosse anche già la mia, che non ho, insomma, troppi decenni in più, perché voi già attraverso social network e varie esperienze anche private, crescete da giovani europei. Ciononostante vi sono indubbiamente dei vantaggi in uno scambio del genere, perché si va anche a capire quelli che sono i propri punti di forza come studenti. Gli studenti di tutto il mondo si lamentano, ognuno per motivi diversi, e il bello di un’esperienza come questa sta anche nel capire quelle che sono le qualità del proprio percorso a confronto con un’esperienza diversa e capire quelli che sono i problemi di ragazzi di altri paesi.
Prof. Vampa: Secondo me, infatti, delle volte i ragazzi danno molto per scontato poiché la propria è l’unica realtà che conoscono. Invece la frequentazione di altri luoghi, oltre ovviamente ad aprire la mente, può anche dare conto della qualità dell’offerta che si riceve, di cui alle volte non ci si rende conto.
Cosa vi è rimasto dunque di positivo da questa esperienza?
Prof. Vampa: Diverse cose: primo, come dicevamo, il senso dell’accoglienza; secondo, quanto abbiamo ricevuto dai colleghi, quanto abbiamo dato e ricevuto l’un l’altro, che è stato davvero commovente; terzo, la conoscenza di alcuni passi di danza greci, di cui sfortunatamente rimangono delle testimonianze video (ride, nrd.). In generale, è stata anche la presa di consapevolezza dei punti di forza del proprio insegnamento, sia come sistema, sia individualmente, e dei rispettivi punti di debolezza. Una visione dell’altro a distanza ravvicinata è estremamente importante perché aiuta a rafforzare ciò che si ha di buono e a modificare quanto si ha di debole, di fragile, sia a livello interpersonale tra noi, sia a livello di insegnamento.
Prof.ssa Azzinnari: Per me, la conoscenza positiva: il poter imparare qualcosa che a noi appare sconfinatamente lontano e che magari non è neanche poi tanto male: faceva l’esempio Tufano dei dieci minuti di “ricreazione”, che sono importanti perché poi i ragazzi sono più motivati a tornare a concentrarsi sulle lezioni, oppure altri aspetti legati alle norme e al comportamento. Quindi direi questi aspetti legati non tanto alla metodologia quanto al modo in sé di vivere la scuola da parte dei ragazzi e dei docenti.
C’è un episodio magari che vorreste ricordare in particolare?
Prof. Vampa: Diversi, in verità. In particolare, mi viene in mente quando abbiamo partecipato a questo laboratorio di chimica durante il quale gli studenti hanno preparato dei prodotti cosmetici. In effetti quello era un modo per mettere mano direttamente su alcune delle basi dell’economia greca: la cera d’ape, il miele, l’olio d’oliva… È stato molto interessante vedere come queste tessere della cultura di quell’area siano oggi diventate elemento anche di studio scientifico in senso stretto ed è stato anche molto divertente perché ci coinvolto, facendoci proprio preparare alcuni di questi prodotti, in particolare delle saponette. Quello che chiaramente poteva sembrare, anche a noi docenti, un gioco, è stato in realtà molto affascinante perché si percepiva come questa storia greca in realtà non smetta di andare avanti: quello che noi insegniamo qui a partire da Omero, dai lirici e dalla tragedia, attraverso questi dati, in qualche modo, ancora sopravvive. Si percepisce.
Prof. Tufano: Io infatti volevo sottolineare come la professoressa Azzinnari abbia rivelato la sua prima natura di creatrice di saponi – la docenza in italiano e in latino viene dopo (ride).
Prof.ssa Azzinnari: Oltre a quelli che abbiamo fatto noi, ci hanno regalato tantissimi di questi saponi che mi sono riempita la valigia, vi assicuro, di saponi. Ancora adesso, se apro dei cassetti a casa, esce il forte profumo di questi saponi.
Prof. Tufano: Saponi da parte, ho trovato estremamente affascinante il laboratorio di epigrafia e poi quello di archeologia: noi siamo stati in una scuola che è anche dell’infanzia e lì, nel cortile, hanno la riproduzione di un sito archeologico in cui nascondono del materiale, principalmente cocci di vasi. I bambini non sanno che è un falso e quindi, quando vengono portati a scavare si esaltano: ricordo le testimonianze che ci hanno fatto vedere tutti contenti e l’esultanza di questi bambini entusiasti dei loro rinvenimenti.
Poi, a mio avviso, c’è un rapporto con gli insegnanti molto più facile, direi. Ho percepito una dolcezza genuina nel rapporto tra le due parti, mille mani alzate, domande… È una cosa che nelle mie classi non avviene sempre. C’era come una porzione di festa, direi, che nella scuola è molto importante; che sarebbe un grande successo riprodurla da noi.
Prof. Vampa: Poi ho apprezzato molto il laboratorio teatrale: non facevano tanto prove finalizzate a uno spettacolo quanto, con un insegnante di improvvisazione teatrale, esercizi per abituarsi a parlare in pubblico, per gestire la vergogna e l’ansia: uno tende ad allontanare la situazione di vergogna e invece lì vieni posto in una situazione di vergogna appositamente per imparare a uscirne. Secondo me quella è un’idea stupenda non solo perché aiuta gli studenti a gestire le emozioni, ma anche perché l’insegnante di improvvisazione teatrale ha una logica del gruppo completamente diversa dalla logica dell’insegnante che sta in classe: si vedevano i ragazzi in una veste del tutto nuova, mentre un professore spesso vede invece il ragazzo lo vede sempre un po’ come immobile.
