La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che scelse questa data in ricordo dell’assassinio delle tre sorelle Mirabal, attiviste dominicane che si opposero alla dittatura di Rafael Leònidas Trujillo nel 1960.

Ma cosa si intende per violenza sulle donne?

Essa si presenta con diversi “volti”: si parla di violenza psicologica, fisica e sessuale. Oggi, a vent’anni di distanza dall’ufficializzazione di questa ricorrenza, i dati dell’Istat spaventano profondamente. È agghiacciante infatti scoprire che circa il 31,5% delle donne dai 16 ai 70 anni in Italia ha subito, nel corso della propria vita, una forma di violenza e che nei primi dieci mesi dell’anno corrente sono stati 95 i femminicidi in Italia, circa uno ogni tre giorni. Il 13,6% delle donne ha subito una qualche forma di violenza da un partner o ex-partner. Sempre secondo una recente indagine dell’Istat, 1 italiano su 4 ritiene che l’abbigliamento “succinto” di una donna sia la causa principale di violenza sessuale, mentre circa il 40% pensa che una questa, in caso non sia effettivamente consenziente in un rapporto, sia in grado di sottrarsi senza alcuna difficoltà.

Quanti sono i casi di femminicidi o violenze tante sono le notizie di uomini, se tali possono definirsi, che hanno commesso questi soprusi e maltrattamenti rimanendo però impuniti e a piede libero, magari perché non sottoposti a processo oppure perché processati e non penalizzati nel modo giusto. In questo modo viene data loro la possibilità di ripetere brutalità e violenze nei confronti di altre donne o magari delle stesse che sono state loro vittime dal primo momento, costrette quindi a vivere nella paura.

Dati del genere intimoriscono noi ragazze e giovani donne, che iniziamo da adesso a guardarci intorno con più insistenza e curiosità, esplorando il mondo che ci circonda. Vedere e ascoltare testimonianze di donne che quotidianamente subiscono violenze di ogni tipo fa paura, come fa paura sapere che nei tribunali italiani, dove campeggia a grandi caratteri la scritta “La legge è uguale per tutti”, non si riesca a fare giustizia nel modo adeguato. Fa paura quanto il potere apparentemente indistruttibile degli stereotipi, nati forse dall’ignoranza, occupi ancora tanto “spazio” nella mentalità delle persone, che si lasciano guidare da queste “convenzioni” dalle conseguenze delle più terribili.  Sapere che nel nostro Paese come in tutto il mondo ci sono ancora tante, troppe donne che vivono in una condizione di costante paura, violenza e maltrattamenti fa riflettere: fa riflettere su cosa ci sia da cambiare e su come, cominciando dalle piccole cose. Molti adolescenti non sono stati educati alla parità e al rispettoné verso sé stessi né, tantomeno, verso le donne. È da qui infatti che si dovrebbe iniziare, ovvero dall’educazione morale delle nuove generazioni: dalla distruzione degli stereotipi ancora largamente diffusi nella società di oggi e dall’insegnamento del rispetto. Non è stato solo il diritto di voto settant’anni fa o l’abolizione del delitto d’onore a renderci libere: bisogna cambiare e cancellare la visione quasi “strumentale” della donna. C’è tanto lavoro da fare, affinché nessuna abbia più paura di uscire la sera da sola o di indossare un certo vestito, affinché non ci siano più donne costrette a vivere in situazioni di violenza quotidiana e perché le donne che l’hanno subita possano ricevere la giustizia che meritano.

Cinzia Riviello

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