di Maria Letizia Salvo

Non sono gli altri, a trattarmi da straniera:
sono io, che ho attraversato troppi luoghi e troppe tribù, per poter scegliere
di appartenere a una sola. Non ho bisogno di loro, non più: sono straniera e
libera, sono una figlia del mondo. Sono una migrante, Lina; e lo sei anche tu,
che ti piaccia o no. Chi è stata migrante resta migrante per sempre
”.

Lina, la protagonista del romanzo di Chiara Ingrao, affoga tra i ricordi di una vita trascorsa tra la vivace Sicilia degli anni ’60, la Germania dei ‘Germanesi’ degli anni ’70 e la Roma degli ultimi tempi. Determinazione, fermezza, coraggio l’hanno portata ad essere una donna fiera e sicura di sé.

Il romanzo è nato da una storia vera: Lina ha scelto condividere la sua storia con la scrittrice, la quale, grazie alla sua penna, ci ha permesso di conoscerla, apprezzarla e trarne riflessioni.

Chiara Ingrao racconta una migrante: le sue parole sono l’occasione per il lettore di accompagnare Lina nei suoi viaggi, sperare con lei, avere paura con lei, provare nostalgia o desiderio di andare avanti; il suo rapporto con una madre che rispetta enormemente, ma allo stesso tempo non le permette di essere libera e non le riconosce indipendenza. Lina ha infatti sofferto molto l’abbandono della madre che, per lavorare e permettere ai figli la vita, ha lasciato presto casa.

 ‘Migrante per sempre’ è correre tra gli alberi di pistacchio in Sicilia, è ballare in piazza le sere di estate, è innamorarsi e avere delusioni, è stringere nuove amicizie, sono i volti delle donne che per una vita non hanno compreso se stesse.

In un mondo che
prigioniero è
respiriamo liberi
io e te…

Anche la musica parla, accompagna Lina nelle sue scelte. Ma le parole che le sono più a cuore sono quelle in siciliano. Il dialetto ha infatti un valore fondamentale nel racconto, simbolo di radici forti e solide.

Ma solidi sono anche i valori che Lina ha imparato dalle donne che l’hanno cresciuta, la mamma e la ‘nanna’: l’impegno nel lavoro, la tenacia e la rispettabilità, la dignità.

Infatti nella scrittura del romanzo è sottolineato più volte e in contesti diversi il valore del femminile…

Nella pistacchiera
l’unico che si può toccare è l’albero maschio, diceva la nanna. Un albero secco
con il naso all’insù. Che non fa resina e non fa frutti: fa solo i semi, che
volano a portare i figli. Un galletto nel pollaio, diceva: uno soltanto per
tutto il campo, dritto in piedi in mezzo alle femmine grasse di frutti e piegate
dal peso. Gli unici alberi che ti piangono addosso, diceva la nanna, quando gli
strappi i figli. Perché non sono alberi: sono albere. Alzò gli occhi, sulle
braccia lunghe luccicanti di lacrime. Si sentì invadere da una strana felicità,
dolcissima e ignota. Non c’era mai stata, tutta sola sotto il silenzo di
un’albera.’

Ma Lina è ormai una donna, stanca di essere trascurata, e fiera di essere forte.

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