di Ginevra Floris
Ginevra Floris intervista Elisa Cardoso, che attualmente frequenta il III G, e che lo scorso anno scolastico ha frequentato l’anno all’estero in Repubblica Ceca
Con quale organizzazione hai fatto il viaggio all’estero? Come ti sei trovata?
Ho fatto la mia esperienza con l’associazione no profit di Intercultura. Mi sono trovata davvero benissimo sia per via dell’organizzazione sia per il sostegno della mia famiglia ospitante e del supporto della mia famiglia italiana.
Hai avuto difficoltà ad abituarti ad un sistema scolastico diverso? Con riferimento all’apprendimento il problema più grande è stato la lingua o ne hai trovati di più difficili da superare?
Il sistema scolastico mi ha solo stupito in positivo. Aveva un’impostazione molto più universitaria e di studio individuale, rilassato e autogestito. La lingua è stata di certo una delle maggiori difficoltà ma dopo 4/5 mesi di costante studio e di pratica con la lingua ho imparato ad usarla con una certa disinvoltura, amarla e apprezzarla, oltre che a sentirla mia.
Quali sono le cose che meno ti aspettavi, sia dal punto di vista scolastico che dal punto di vista culturale?
Non mi aspettavo questo forte interesse nei miei confronti e la curiosità generata dalla mia cultura; mi sono anche sorpresa dal rispetto che hanno per gli ambienti e per le attività che si svolgono in una comunità, sia essa la famiglia o la scuola.
In che modo questa esperienza ha contribuito alla tua crescita personale?
In così tanti modi che spiegarlo mi impiegherebbe delle ore. Il primo aspetto, forse banale, è che mi ha resa più indipendente, più consapevole delle scelte che prendo e dei “perché” che si celano dietro le mie decisioni. Vivere per tanti mesi in una famiglia diversa dalla propria e in un altro Paese è un’esperienza che spinge al rispetto delle altre persone e delle diversità, che non sono un punto di debolezza ma un punto di forza. una società multiculturale e multietnica costituisce per tutti una possibilità di crescita personale.
È stato difficile superare l’esame di ammissione una volta tornata in Italia? Come ti sei preparata?
Tornando dall’anno all’estero non si deve fare un esame di ammissione ma solo un colloquio. La frequenza del quarto anno all’estero è riconosciuta da un accordo con il MIUR e vengono acquisite anche le valutazioni date dalla scuola frequentata. E’ previsto un colloquio per condividere un bilancio dell’esperienza con i docenti e per poter avere in pagella una valutazione nelle discipline non presenti nel corso di studi diverso. Mi sono preparata al colloquio in queste discipline sulla base di un programma minimo che i miei insegnanti mi hanno dato. Non è stato particolarmente difficile; la scuola mi ha sostenuto nello studio individuale dei contenuti disciplinari che dovevo recuperare e ho studiato, con una suddivisione dei vari argomenti, tutto il mese precedente al mio esame. Credo che dopo un’esperienza simile lo studio sia molto più semplice anche per via della propria apertura mentale.
Cosa consiglieresti a tutti i ragazzi che hanno intenzione di fare l’anno all’estero?
Consiglio di buttarsi e di vivere quest’esperienza a pieno. Farsi spaventare da quello che non si conosce è più che normale, ma è proprio da lì che si può scoprire chi si è e chi si vuole diventare. L’associazione alla quale mi sono affidata io, Intercultura, mi sembra tra le tante particolarmente buona perché non trae alcun profitto dai viaggi dei ragazzi, e dà la possibilità di scegliere tra moltissimi Paesi e quindi di allargare i propri confini anche oltre le mete solitamente individuate quali l’America o la Gran Bretagna.