“La storia di un ragazzo che ha emozionato le sale cinematografiche italiane”, queste sono le parole che userei se volessi limitarmi a descrivere in breve il film: “tutto il mio folle amore”. Ma credo sia troppo riduttivo fermarsi a questo. Un connubio tra spensieratezza e durezza della vita pone davanti a Vincent, protagonista della storia, una scelta che sarà decisiva per il suo futuro. Vincent Masato è un ragazzo autistico che vive i suoi sedici anni immerso in un mondo fatto di passeggiate a cavallo e tende indiane. Nonostante cerchi di vivere nel modo più spensierato possibile, sono molte le difficoltà con cui Elena, sua madre, Mario, il marito della madre che ha scelto di adottarlo, e lui, devono fare i conti ogni giorno. L’arrivo improvviso del padre naturale porterà però una svolta nella vita dell’intera famiglia che si dovrà confrontare con una realtà del tutto nuova e inaspettata. Infatti Willy, musicista da cerimonie chiamato anche il Modugno della Dalmazia, ignaro dei problemi del ragazzo un giorno si presenterà alla porta di Elena con l’obbiettivo di conoscere finalmente il figlio da cui era sempre scappato. Willy si renderà finalmente conto di tutto quello che ha perso in quei sedici anni di continue fughe e porrà Vincent davanti a un’importante scelta, quella di perdonarlo e in un secondo momento di andare a vivere con lui. Da questo momento in poi il film si trasformerà in un frenetico inseguimento: Elena e Mario si butteranno a capofitto nella ricerca del figlio che di propria iniziativa ha deciso di seguire Willy durante un tour. Vincent, da parte sua, inseguirà finalmente quella libertà di cui si era sempre sentito privato e che adesso può ritrovare nell’avventura che vive con Willy, che scoprirà nel ragazzo l’amore e la gioia che aveva ormai perduto.

 Il film pone al centro della narrazione non solo i problemi del ragazzo e le relative conseguenze, ma anche il punto di vista dei genitori che si sentono in qualche modo in debito verso Vincent per non avergli dato una vita normale. Ed è proprio in questo l’originalità del film: nel farci riflettere su quanto possa essere doloroso per un genitore vedere giorno dopo giorno il proprio figlio affrontare le difficoltà della vita con delle marce in meno.

Elaborato riferito al film “tutto il mio folle amore”.

La ruota
Un rombo infrange il silenzio,
il vento prende forma.
Sfreccia in lontananza una moto.
È possibile che siano loro?
Un sorriso si allarga sul volto del ragazzo,
l’uomo che la guida è felice,
emana calore, amore.
Ma tutto si sfalda.
Tutto finisce.
La precarietà delle cose è visibile alla luce del sole ormai alto.
Si avvicina, sta arrivando, state attenti!
Ormai li ha travolti.
La moto si accascia per terra.
È un presagio? È realtà?
La fragilità delle cose diventa concreta.
Una donna, sconosciuta, sfortunata
giace a terra.
La sua macchina è solo un involucro di dolore.
Si alzano in piedi scioccati, sorpresi
sono scossi, non feriti.
Le vanno incontro rapidamente
non alla donna ma alla salvezza.
Il giorno sta finendo, il sole è pesante sulla strada ormai deserta.
È possibile rinunciare alla propria umanità a causa di una ruota?

Martiello

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