Di Matilde Summaria e Elisabetta Calia
È nel terzo panel con titolo: “Effetti digitali del coronavirus: la rivoluzione del lavoro”, che Giulia Barbucci, Vicepresidente del CESE, Giorgio Metta, direttore scientifico dell’IIT, Santina Bertulessi, Vicecapo di gabinetto del Commissario europeo per l’Occupazione e i Diritti sociali Nicolas Schmit, Patrizia Toia, Vicepresidente del MEP, hanno preso la parola riguardo uno dei temi più scottanti dell’anno, lo Smartworking. Il malcontento generale che si è venuto a creare in questi mesi, ha sfortunatamente rivelato la preparazione carente e inadeguata della società e in generale dello Stato sulle questioni di carattere tecnologico. E in un futuro in cui diventerà sempre più presente questa modalità lavorativa è necessario riadattare i parametri in materia di orario e condizioni di lavoro, e ristabilire i diritti del lavoratore, come il diritto alla connessione e alla disconnessione. “L’arrivo inaspettato del coronavirus ha prodotto una digitalizzazione del lavoro mai vista prima che ha permesso di portare avanti il proprio lavoro anche in una situazione critica come questa. È lecito pensare che questa “rivoluzione del lavoro” sia arrivata solo grazie a tale situazione e che in una situazione ordinaria non vi sarebbe stata? Oppure il fausto destino dello smartworking era già segnato?” Rispondono che in realtà questa “rivoluzione”, era come tante altre inevitabile, perché “Ricerca, sviluppo e innovazione si portano avanti solo con infrastrutture digitali” (Metta), e ci tengono a precisare che “L’orgoglio dell’Europa è di poter dire che abbiamo una nostra posizione sul tema del digitale” (Toia), senza però mai perdere di vista coloro che dovranno essere in grado di usufruire di queste novità, i lavoratori, gli studenti. Spetterà all’Italia non rimanere indietro.
L’ora forse più attesa è stata quella del quarto panel: “Effetti “digitali” del coronavirus: nuovi modelli per Istruzione e formazione”. Mario Allegra, CNR, Direttore dell’Istituto Tecnologie didattiche, Fabrizia Benini, Capo Unità Digital Economy and Skills della DG CONNECT della Commissione europea, Massimiliano Smeriglio, MEP, Commissione per la Cultura e l’Istruzione e Andrea Bollini, dirigente del Ministero dell’Istruzione si sono fatti portavoce delle preoccupazioni degli studenti e degli insegnanti, “Tutto il tempo che si passa davanti allo schermo, potrebbe portare dei danni sulla salute di chi fruisce in maniera così massiva dei dispositivi tecnologici? Riguardo gli aspetti più psicologici di tutto questo, con la chiusura in casa dovuta alla DaD, non si sta perdendo un po’ quella dimensione sociale che è quanto rimane di più oltre l’aspetto concettuale e nozionistico?” Le sollecitazioni degli studenti sono state subito accolte, è stato assicurato l’inarrestabile lavoro del Ministero per la riapertura delle scuole. “È necessario, infatti tornare al più presto in classe, garantendo ovviamente il distanziamento, ma anche auspicando che al più presto si risolvano le questioni relative al trasporto” (Bollini.) La scuola è il contesto giusto per poter crescere e sviluppare cittadinanza, far crescere relazioni, confrontandosi con i pari e con gli insegnanti. Allo stesso tempo Allegra suggerisce una possibile integrazione in futuro della didattica digitale, intesa come tecnologia per l’apprendimento.
In ultima battuta l’incontro su: “Sostegno europeo alle aziende farmaceutiche tra competizione e cooperazione”, con Simona Baldassarre, MEP, Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare Pier Vincenzo Colli, CEO Alfasigma, Eloise Mastrangelo e Mario Milani, CNR, Co-responsabili del progetto #FarmaCovid dell’Istituto di Biofisica, Antonio Scala, Presidente Big Data in Health Society. Qui l’argomento principe è stato il bisogno di un interesse più acceso da parte dell’Unione europea nelle questioni dei vaccini e di eventuali cure efficienti dei contagiati. Non hanno esitato a specificare che per iniziative come #FarmaCovid sia servita una campagna di crowdfunding, perché in Italia e in Europa non si investe nella ricerca di base e questo comporta l’incapacità di fare programmazioni a lungo termine. “Dal piano pandemico del 2005 non si è fatto più niente a favore di un futuro contenimento, con la speranza che non accadesse ciò che poi è invece accaduto” (Scala.) Quindi in questo frangente il piano strategico per il futuro necessita di una metodologia accurata, finanziamenti alla ricerca di base e più disciplina nella raccolta dei dati.