di Alessandro Grasso, III F

La Cattedrale di Santa Maria del Fiore, più comunemente nota come “Duomo di Firenze”, rappresentò una delle più importanti sfide architettoniche dell’architettura medievale. Iniziata nel 1296 su progetto di Arnolfo di Cambio, la nuova cattedrale doveva essere dominata da una grande cupola ottagonale. Dopo la morte dell’architetto, il cantiere passò dalle mani di diversi capomastri che ingigantirono ulteriormente l’ambizioso progetto, dilatando conseguentemente le dimensioni della cupola. Essi, inoltre, aumentarono la proporzione delle campate, trovandosi a dover gestire le nuove volte grandi 20x20m e alte più di 40 metri. Oltre a ciò, l’ardita navata centrale si sarebbe sostenuta solo su otto pilastri liberi per quasi 80m di lunghezza. Con una serie di ingegnosi accorgimenti e l’ausilio di contrafforti e archi rampanti, vennero tese le volte di copertura della navata alte 45m all’estradosso. Entro il 1380 l’immane impresa delle navate era conclusa e i lavori proseguirono nell’ultimazione dei piloni della gigantesca cupola e delle cappelle radiali poste fra la raggiera di contrafforti, che avrebbero contribuito a sostenerla. Nel 1421 il cantiere arrivò all’incredibile altezza di 53 metri con la realizzazione del tamburo: rimaneva da coprire ”solamente” una voragine di 45,5m di diametro. L’impresa apparve subito impossibile: le dimensioni dell’area da coprire rendevano irrealizzabili le impalcature di legno necessarie a sorreggere la cupola durante la costruzione, inoltre il tamburo forato da oculi rischiava di non poter supportare le spinte della nuova struttura. L’Opera del Duomo proclamò un concorso, vinto da Filippo Brunelleschi, il quale dichiarò di poter realizzare una cupola capace di sostenersi da sola mentre veniva costruita, ovviando al problema delle impalcature. Una particolare disposizione dei mattoni,  conci a spina di pesce, avrebbe infatti garantito l’autoportanza della struttura. La Cupola inoltre sarebbe stata acuta, in modo da non sfiancare le pareti del tamburo, e a doppia calotta: quella interna avrebbe avuto funzione portante, mentre quella esterna avrebbe avuto il compito di proteggerla. Brunelleschi dunque fece realizzare un tavolato di legno sul tamburo, sul quale tracciò un grafico a forma di fiore. Un sistema di corde aveva il compito di definire il profilo acuto della cupola, mentre una corda in particolare, seguendo il grafico del “fiore”, indicava ai muratori l’inclinazione precisa che dovevano avere i mattoni. Il cosiddetto “fiore della cupola” è stato individuato come elemento fondamentale per murare la cupola autoportante. Man mano che la calotta cresceva si potevano spostare sempre più in alto le impalcature che vi erano agganciate. Nel 1436 l’impresa fu così conclusa, arrivando all’inusitata altezza di 91 metri. Brunelleschi progettò anche l’elegante lanterna sommitale, terminata nel 1461, utile a dare ancora più stabilità alla sommità della struttura, mentre per tutelarne la base vi apprestò la cosiddetta “catena del castagno”: una cerchiatura in legno che secondo gli esperti lavorerà egregiamente per altri secoli.

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