di Maria Elena Blanda, Alice Giallombardo, Lidia Pini Prato

L’invasione russa dell’Ucraina è iniziata nella notte fra il 23 e il 24 febbraio di quest’anno, quando il presidente russo Putin ha dato l’ordine per iniziare l’attacco, spiegando di aver autorizzato “un’operazione speciale” in Ucraina per la “smilitarizzare il Paese e per denazificarlo” e per “proteggere il Donbass”. Poi ha avvisato che ci saranno “conseguenze mai viste se qualcuno dovesse interferire durante questa operazione”.

Nelle ultime settimane si è registrato un susseguirsi di eventi che hanno portato al deterioramento dei rapporti tra Mosca e Kiev, va però anche considerato che le tensioni fra i due Paesi durano da parecchi anni. La Russia considera l’Ucraina come parte naturale della sua sfera di influenza e va tenuto presente che molti ucraini sono di madrelingua russa, nati quando il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica prima di ottenere l’indipendenza nel 1991.

Un passaggio importante per comprendere la crisi cui si è arrivati oggi risale al 2014 quando, dopo svariate proteste, venne cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovych. Al suo posto fu eletto Petro Poroshenko, più vicino all’Occidente e non apprezzato da Mosca.  Nello stesso anno Putin ha risposto annettendo la Crimea e incoraggiando nel Donbass la rivolta dei separatisti filorussi, persone che sentono di appartenere maggiormente alla Federazione Russa rispetto al proprio paese di appartenenza. Nel 2015, dopo il fallimento delle trattative diplomatiche del 2014, Russia e Ucraina siglano in Bielorussia gli accordi di Minsk II,  i quali non sono mai stati attuati del tutto. Il trattato prevedeva il cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti da entrambe le parti, un dialogo su una maggiore autonomia delle repubbliche nel Donbass, grazia e amnistia per i prigionieri di guerra, lo scambio degli ostaggi militari. Da allora le tensioni sono rimaste sempre presenti, senza però esplodere fino al mese scorso.

Putin il 21 febbraio ha deciso di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste ucraine, Lugansk e Donetsk, ordinando poi al ministero della Difesa di far avanzare le forze armate per assicurare la pace all’interno di queste due regioni. Così il Cremlino ha inviato le proprie milizie per iniziare ufficialmente il conflitto.

Nel suo discorso alla nazione, il presidente russo ha sottolineato: “L’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura. Non è solo un Paese confinante, sono parenti, persone con cui abbiamo legami di sangue. L’Ucraina è stata creata dalla Russia. Fu Lenin a chiamarla in questo modo, è stato il suo creatore e il suo architetto. Lenin aveva un interesse particolare anche per il Donbass”. Il presidente russo quindi ha proseguito: “L’Ucraina non ha mai avuto una tradizione coerente dell’essere una vera nazione: ha sempre seguito modelli provenienti dall’estero che non trovavano riscontro nelle loro radici, nella loro storia. Non hanno fatto altro che assecondare i voleri dell’Occidente”. Kiev, secondo Putin, sarebbe governata da oligarchi che non vogliono riconoscere i legami del Paese con la Russia, anzi: cercano di separarla con sentimenti nazionalisti e neonazisti: “Questi oligarchi hanno sfruttato la frustrazione dei cittadini ucraini e hanno messo in atto un colpo di Stato. I fondi ricevuti dall’estero non sono finiti nelle tasche dei cittadini, ma in quelle degli oligarchi. I cittadini hanno sofferto sempre di più”.

Questi dunque i motivi ufficiali per giustificare l’operazione militare: il presidente della Federazione Russa ritiene che l’Ucraina sia di fatto un paese russo a tutti gli effetti, in quanto le sue origini, le sue tradizioni e la sua cultura fanno parte della Russia e per questo motivo tutti i suoi abitanti sono russi, sebbene l’Ucraina sia ormai uno stato a sé dal 1991, dopo essere stato scorporato in maniera definitiva dall’URSS, Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche. Già nel luglio scorso Putin aveva espresso la sua posizione, come riportato dal Washington Post, con un lungo articolo dal titolo “Sulla storica unione dei russi e degli ucraini”, in cui precisava che nella vecchia lingua russa la parola “Ucraina” significa “periferia”.

Ma ci sono anche altre ragioni. Putin si ritrova verso la fine del suo percorso al comando della Russia: dopo quattro dei suoi mandati da presidente e a quasi 70 anni, mira a lasciare un’eredità potente, che rispecchi il suo progetto imperialista, e che gli faccia recuperare quella popolarità che si è deteriorata col tempo. La questione ucraina potrebbe essere ciò su cui Putin conta per ritrovare i consensi persi e un motivo di unità per la Russia.

C’è poi da considerare che i rischi a cui si sta esponendo la Russia con la manovra in Ucraina potrebbero essere limitati. La questione più importante da affrontare è quella del gas. L’Europa è la principale cliente del gas russo e l’Unione Europea ha già impostato una politica di forti sanzioni contro la Russia in seguito allo scoppio della guerra. Ma un forte rialzo dei prezzi potrebbe compensare le minori esportazioni.

Il secondo grande tema è quello della NATO, l’alleanza atlantica nata al termine della seconda guerra mondiale in contrapposizione all’Urss e ai suoi Stati satellite, per rafforzare le difese degli alleati e garantire che chiunque avrebbe potuto ricevere l’aiuto degli altri Paesi membri in caso di attacco. Mosca potrebbe voler controllare lo stato di salute dell’Alleanza, non più così salda dopo tanto tempo dalla sua nascita nel 1949.

La Nato ha un ruolo fondamentale perché l’Ucraina, tramite il presidente Zelensky, ha più volte ribadito – anche nell’ultimo periodo – le sue aspirazioni di aderire all’Alleanza e all’Unione europea; recentemente chiesto l’adesione diretta nell’UE, ma come è noto la richiesta deve essere valutata e può impiegare molto tempo.  Un’opzione, questa, sempre respinta da Mosca che ha lanciato diversi ultimatum per far sì che Kiev rinunciasse a far parte dell’Alleanza atlantica, nonostante non abbia diritto ad alcun veto sul tema. In ogni caso la Nato non può accettare nuovi membri già coinvolti in conflitti e, per essere ammessa, l’Ucraina dovrebbe rispettare una serie di standard come implementare la lotta alla corruzione e le riforme.

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