di Aurora Bacosi e Lorenzo Carlino
Il Debate (torneo di dibattito a squadre) è diventato da qualche tempo un appuntamento fisso durante la Notte dei Licei classici, in quest’occasione organizzato dal prof. Roberto Contessi. Coinvolti da lui abbiamo avuto il piacere di partecipare a quest’iniziativa che ora vi raccontiamo con soddisfazione.
La gara è stata preceduta da una fase di formazione durante la quale ogni partecipante ha seguito tre incontri interessanti, tenuti da professori universitari e inerenti alle tre tematiche che saremo andati a trattare.
Già in questa fase preliminare si noti una delle peculiarità di questa attività: essendo le squadre formate non da gruppi classe, tutti e venti gli studenti coinvolti nel Debate hanno imparato a relazionarsi con caratteri, idee e passioni molto diverse tra loro, tutto al fine di perseguire l’obiettivo comune di partecipare al torneo.
Nella fase di preparazione, inoltre, oltre ai pochi momenti che si svolgono in presenza dei professori, per la maggior parte del tempo ci si autorganizza tra studenti, si impara a dividersi i ruoli e i compiti da svolgere in maniera ordinata e precisa, ragionando su temi particolarmente complessi, senza l’aiuto di adulti o figure esterne al corpo studentesco. Insomma, abbiamo imparato soprattutto da e tra noi stessi.
Durante lo svolgimento del torneo, gli studenti si sono divisi in quattro squadre, alle quali sono stati successivamente assegnati due temi di estrema attualità.
Il primo riguardava il suicidio assistito: le rispettive squadre avevano il compito di difendere o condannare tale tesi basandosi su dati, ricerche e approfondimenti preparati con accuratezza da studenti-ricercatori, poi presentati da studenti-relatori e capi squadra.
La “squadra a favore” del suicidio assistito ha affrontato la difesa di questa pratica da un punto di vista etico basandosi sul principio della libertà individuale: dato che essa è inviolabile, da chiunque e men che meno da uno Stato, è solo l’individuo che deve decidere se interrompere la propria esistenza, qualora non presenti più le condizioni di dignità.
La “squadra contro” ha invece portato avanti la tesi secondo la quale il libero arbitrio non possa sussistere, perché la persona in questione non va considerata lucida, proprio in quanto versa in uno stato di forte emotività, aggravato dall’assunzione di farmaci. Dunque, le condizioni di malattia grave non rendono giustificabile una scelta libera sulla propria vita, perché proprio quella condizione rende schiavi del dolore.
L’altro tema affrontato ruotava intorno alla questione dello “stato d’eccezione” con particolare riferimento a quello istituito del Governo Conte durante la prima fase pandemica ma poi continuato dal Governo Draghi. Si tratta di quella strategia politica che esercita e amministra la cosa pubblica sospendendo il ruolo del Parlamento durante la fase legislativa seppur in modo temporaneo. Esattamente quanto successo in Italia a partire dall’8 Marzo 2020 ad oggi.
La squadra a favore si è impegnata a difendere la liceità dei decreti eccezionali emanati dal governo: i Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), essendo volti, secondo la squadra, alla tutela della salute pubblica, sono giustificati perché il diritto alla salute è prioritario e non può essere commisurato con nessun altro, proprio secondo il dettato costituzionale (art. 33).
In opposizione, la squadra contro condannava tale metodo deliberativo, accusandolo di privare i cittadini italiani della libertà individuale, difesa dall’articolo 13 della Costituzione, e di violare l’unica condizione possibile per varare uno stato di eccezione: la guerra. E la pandemia, non è stata certo una guerra.
Le squadre vincitrici dei due debate (tra l’altro entrambe squadre “a favore”) si sono successivamente sfidate in una finale che aveva come tema l’attualissima questione se possa esistere una guerra giusta. Ad aggiudicarsi, la vittoria è stata la squadra “contro”, riuscendo così a far prevalere la tesi secondo la quale una guerra, provocando dolore e morte, è sempre ingiusta.
A decretare la squadra migliore in ogni debate sono stati tre giudici, i quali non avevano il compito di stabilire i vincitori secondo le loro personali inclinazioni, bensì di premiare la capacità degli alunni di difendere fino all’ultimo la tesi assegnata, nonostante le personali opinioni a riguardo. Il dibattito ha fatto sì che gli studenti si potessero soffermare e informare su tematiche che, seppur note, spesso non vengono indagate fino in fondo, e sviluppare dunque un senso critico per quanto riguarda l’argomento. È stata sicuramente un’esperienza molto interessante e soprattutto formativa, in quanto vi è stata una vera e propria applicazione della filosofia al mondo reale e, inoltre, una applicazione del lavoro per gruppi: ogni ragazza o ragazzo ha così ricoperto un ruolo fondamentale per tutta la squadra.
La partecipazione ai debate, insomma, permette l’arricchimento in particolar modo culturale ma non solo. Infatti, il fine non è quello di sostenere le proprie idee, spesso in modo viscerale, in quanto l’assegnazione della posizione da sostenere avviene in maniera del tutto casuale: questo permette di informarsi oggettivamente su posizioni molto diverse dalle nostre, eliminando pregiudizi e ideologie che condizionano troppo spesso il nostro ragionamento.
Per questi motivi ci sentiamo di consigliare caldamente agli altri studenti la partecipazione ai prossimi appuntamenti e, più in generale, di vivere la scuola in maniera attiva per riuscire a migliorare tutti insieme la nostra preziosa realtà studentesca.