di Alejandro Aramini, I G

Da poche settimane abbiamo avuto i risultati delle elezioni politiche che si sono tenute in via eccezionale il 25 settembre, data la sfiducia al governo “dei migliori” di Mario Draghi. Il risultato è quello che ci aspettavamo già da quando sono usciti i primi sondaggi, ossia la vittoria schiacciante (anche nelle città in cui da anni assistiamo ad un’egemonia culturale della “sinistra”) della coalizione di centro-destra. Purtroppo da parte dei giovani anche in un’elezione così importante c’è stata indifferenza. Per provare questo dato ho fatto un sondaggio all’interno della mia classe con dei ragazzi tra i 15 e i 16 anni.

Come si può evincere dall’immagine contenente i risultati del sondaggio, abbiamo un altissimo tasso di giovani che non si sono informati.

Perché i ragazzi sono disinteressati alla politica?

Molto semplice. Secondo me attualmente non vengono più trattati i grandi temi che invece fino a 40 anni fa spingevano migliaia di ragazzi a scendere in piazza al fine di lottare per qualcosa di vero. Nel nostro Paese avvertiamo una mancanza di informazioni ideologicamente diverse, fenomeno che spiega persino Antonio Gramsci quando parla di “egemonia culturale”, ossia di una totale centralità del potere concentrata in un solo blocco.

Ad esempio quante volte ci è capitato di sentire o vedere in TV o sui social un reportage di un reporter presente sul territorio in cui combattono i soldati filorussi?

Zero.

Quindi non stupiamoci se i ragazzi non sono capaci di sviluppare alcun pensiero critico. Un ragazzo tenderà a farsi condizionare da ciò che sente dalla “massa”, dagli “influencer” e dalla “stampa” predominante.

Dal grafico notiamo un altro elemento, seppur non incisivo all’interno del gruppo della classe, che però ha condizionato molto gli elettori nella scelta dei partiti. Sia la destra che la sinistra non hanno saputo rappresentare gli elettori, i quali si sono recati alle urne nel tentativo di dare almeno un voto “utile”. A sinistra, soprattutto per quanto riguarda il Partito Democratico di Enrico Letta, non abbiamo riscontrato una voglia di fornire risposte concrete su come migliorare il Paese bensì si è perseguito l’obiettivo di non far salire al governo i “fascisti”: evidentemente non sanno che anche Renzo De Felice, maggior studioso del fascismo, ha affermato che il fascismo è morto alla fine della guerra e che non tornerà più, ma è questo un argomento che merita ben altra trattazione.

Per quanto riguarda il centro-destra, il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, ha vinto avendo avuto una buona capacità nel fare opposizione durante un periodo difficile come questo, segnato da un passaggio dalla crisi sanitaria alla crisi energetica, causata dalle ostilità tra la Russia e le potenze occidentali. La difficoltà per la coalizione di destra sarà affrontare proprio questo periodo al meglio e respingere con azioni concrete la dura opposizione da sinistra. Il malcontento di parte dell’elettorato ovviamente si registra anche a destra, soprattutto dalle persone appartenenti all’area della destra sociale, che, per l’ennesima volta dalla morte dell’MSI, vedono il proprio partito di riferimento vendere le proposte di sovranità nazionale agli Stati Uniti e alla NATO, partiti capitanati dagli stessi leader che fino a pochi anni fa vedevano con simpatia la Russia di Putin.

Per parlare di voto di convenienza non possiamo non analizzare la linea politica utilizzata dal Movimento 5 Stelle nei confronti del Reddito di Cittadinanza. I dati parlano chiaro: le città in cui i pentastellati hanno dominato sono quelle che hanno il maggior numero di cittadini possessori del Reddito.

Il terzo polo di Calenda e Renzi ha ottenuto il risultato che ci si aspettava permettendogli di entrare in Parlamento. La linea su cui ha spinto Calenda è stata quella dell’”esperienza”, che lo ha indotto a paragonare lo Stato a un’azienda: non si lascerebbe mai a una persona senza esperienza la guida di un’azienda.  Già il paragonare lo Stato ad un’azienda dimostra il degrado raggiunto da certi politici nel tentativo di racimolare voti.

In conclusione il fatto che io reputo deludente è stato quello per cui nessun partito politico ha messo nei propri programmi elettorali proposte concrete per i giovani e per la scuola, non proponendo alcuna riforma strutturale che per una volta avrebbe potuto risuscitare l’interesse dei giovani per la politica.

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