Incontro con Walter Weltroni
di Chiara Pierdominici e Daniele Giannoni, II G
“Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento, sono cominciate a scomparire le lucciole. Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato; e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta”.
(Pier Paolo Pasolini, La scomparsa delle lucciole, 1975)
All’alba del 2 novembre del 1975 presso lo squallido idroscalo di Ostia viene ritrovato massacrato il corpo di Pier Paolo Pasolini, uno dei più grandi poeti, scrittori, registi e intellettuali del Novecento. Quella mattina squillò il telefono a casa di Walter Veltroni e un amico comune gli comunicò la tragica notizia.
È con il racconto di quella drammatica mattina che inizia quarantasette anni dopo, il 2 novembre 2022, l’incontro di noi studenti con l’ex sindaco di Roma e fondatore del Partito Democratico Walter Veltroni, presso la Biblioteca Europea del Goethe Institute. Un incontro particolarmente significativo tra i tantissimi a lui dedicati in occasione del centenario della nascita, avvenuta il 5 maggio 1922.
Veltroni, sebbene all’epoca fosse giovanissimo, conosceva personalmente Pasolini, perché il celebre intellettuale era solito frequentare le assemblee, le manifestazioni e in generale seguiva tutte le attività proposte dai giovani di quegli anni: era curioso, ci racconta Veltroni, ascoltava, prendeva appunti e poi esponeva le sue considerazioni sempre assolutamente “divergenti”, spiazzanti, lontane dal prevedibile e dall’ovvio. Proprio per questo Pasolini non è “incasellabile”, non è cioè possibile affiliarlo a nessuna parte politica. Poche ore dopo il brutale assassinio Veltroni ha raggiunto Ostia e il racconto delle sensazioni da lui provate e della tante e varie ipotesi relative all’omicidio, agli esecutori e ai mandanti, ha lasciato noi ascoltatori senza parole per l’emozione.
Veltroni si è poi concentrato sull’analisi del Pasolini politico, un uomo perennemente controcorrente, collocabile a sinistra ma spesso in polemica col Partito Comunista e con chi apparteneva a quell’area. Basti pensare a due controverse prese di posizione che fecero scalpore: la prima fu lo schierarsi dalla parte della polizia invece che con gli studenti durante le proteste del 68, in quanto i poliziotti erano spesso proletari provenienti dalla periferia e da situazioni di disagio, mentre gli studenti provenivano da ricche famiglie borghesi; la seconda è la dichiarazione contro il diritto all’aborto, che egli considerava la legalizzazione dell’omicidio.
Pasolini era sempre stato dalla parte dei più deboli e del proletariato, rispetto al quale provava anche un certo fascino. Egli infatti rimpiangeva la vecchia società di fine Ottocento inizio Novecento, una società arretrata e contadina, ma che aveva ancora dei saldi valori e principi morali, quasi scomparsi nella società borghese e consumista e presenti, anche se debolmente, soltanto nelle borgate e nel proletariato, destinato però anch’esso a una inesorabile “borghesizzazione”.
Pasolini riteneva di vivere in una società senza valori, corrotta da quello che considerava essere il nuovo fascismo: il consumismo e l’omologazione. La società dei consumi, venutasi a creare durante il grande sviluppo italiano del dopoguerra a causa dell’influenza americana, rappresenta per lui la nuova prepotenza del potere, che non è più quella totalitaria, violenta e repressiva del Ventennio, ma che causa la schiavitù rispetto al consumo e la scomparsa di valori e ideali. Il consumismo è un male che caratterizza la società tutta, che non distingue più i fascisti dagli antifascisti, i borghesi dagli operai, e che dunque è strettamente legato all’omologazione. Questi due mali che permeano la società creano, secondo Pasolini, un appiattimento totale rispetto alla cultura dominante, impedendo la creazione del dissenso e distraendo dai problemi reali. Mentre il fascismo tradizionale si basava sulla violenza e sulla repressione, il nuovo fascismo non ne ha bisogno, perché fa in modo che il dissenso non si venga nemmeno a creare, usando un metodo più subdolo ed efficiente.
Parlando di questo aspetto del pensiero pasoliniano, stimolato dalle domande degli studenti, Walter Veltroni ha cercato di attualizzare il tema riflettendo sul fatto che l’informazione mondiale, in particolare quella dei social network, è oggi nelle mani di una cerchia ristrettissima di uomini plurimiliardari e detentori di un potere enorme. Non si potrà mai creare un movimento di reale dissenso contro un sistema, se si accetta che gli spazi dove esso si potrebbe formare siano gestiti dalle stesse persone che dirigono quel sistema. Nonostante ciò, non solo non ci ribelliamo a questo stato di cose, ma addirittura continuiamo a sguazzare sempre di più all’interno della sede più evidente di questa ingiustizia, i social network appunto, che si fanno beffa di noi, alienandoci dalla realtà e dai suoi profondi problemi. È proprio questa alienazione, causata dal consumismo e dall’omologazione e predetta da Pasolini, che oggi, ancora più di ieri, impedisce la formazione di un’opposizione culturale, prima ancora che politica, a questo sistema.
Dalla domanda di uno studente che ha cercato di attualizzare la critica che Pasolini faceva alla Democrazia Cristiana, partito da lui ritenuto il simbolo del vecchio potere corrotto, è scaturita un’altra interessante riflessione. Ad oggi, secondo il giudizio della maggioranza delle persone, il partito che più rispecchia il potere in Italia è il Partito Democratico, ossia quello che in teoria dovrebbe rappresentare l’elettorato di sinistra. Lo stesso Veltroni ha ammesso l’evidenza di questa contraddizione, dato che la sinistra dovrebbe puntare ad un cambiamento del sistema e non dovrebbe invece esserne parte integrante. Da qui è partita un’analisi sulla crisi della sinistra di oggi e si è cercato anche di immaginare cosa penserebbe Pasolini in merito.
Tramite un racconto molto appassionante, Walter Veltroni è riuscito a trasmettere ai ragazzi e alle ragazze lo spirito di Pier Paolo Pasolini e ad attualizzarne il pensiero. Lo spunto di riflessione che ne è derivato non è però dei più allegri: se Pasolini era pessimista rispetto a un periodo di grande sviluppo per l’Italia, in cui esisteva ancora una larga fetta di società che sognava un mondo diverso e migliore, oggi, con la minaccia della crisi climatica, guerre, pandemie e l’assenza di un modello socio-economico alternativo a quello attuale e di un movimento che lo persegue, purtroppo non si può essere ottimisti. È proprio per questo che sono importanti iniziative come questa, perché è fondamentale che studenti e studentesse si creino una coscienza politica e uno spirito critico, per andare a costituire un domani una classe dirigente più seria di quella attuale, o per diventare intellettuali come Pasolini che in Italia non esistono più da tempo, o ancora banalmente per formarsi come cittadini coscienti dei problemi della loro società e che in un futuro tramite il voto o tramite la mobilitazione siano in grado di cambiarla.