di Daniele Giannoni, II G

Per l’Italia il 2022 è l’anno più caldo della storia e i morti per eventi climatici estremi sono 29, ma il problema sono gli imbrattatori

«Eco-imbecillità» (Lucio Malan, Fratelli d’Italia), «Serve una punizione esemplare» (Matteo Salvini, Lega), «un modo stupido, ignorante e vigliacco» (Matteo Richetti, Azione), «stupidità e maleducazione non conoscono fine; dannosi in tutti i sensi» (Stefano Bonaccini, Partito Democratico), «il cambiamento climatico non giustifica il vandalismo» (Barbara Floridia, Movimento 5 Stelle): è stata questa la reazione della nostra intera classe politica (dalle forze di governo a quelle di opposizione) al grido disperato di chi è disposto a tutto pur di dare attenzione a quella che è la più grande minaccia per l’umanità, il cambiamento climatico.

Gli attivisti di Ultima Generazione si sono distinti negli ultimi mesi per numerose azioni di disobbedienza civile con l’obiettivo di porre al centro del dibattito pubblico la questione ambientale. Criticati perché, bloccando gli automobilisti sulle autostrade e imbrattando quadri famosi (o meglio, le teche di vetro dei quadri famosi), non se la prendevano con i veri responsabili della crisi climatica, hanno scelto di andare a colpire chi invece avrebbe il potere di fare qualcosa, ma continua a non agire: la politica. La mattina del 2 gennaio hanno dunque ricoperto di vernice arancione la facciata di Palazzo Madama, sede del Senato; all’arrivo dei carabinieri gli attivisti si sono lasciati arrestare senza opporre alcun tipo di resistenza, ma denunciando ad alta voce una verità difficile da digerire per i nostri politici “difensori della patria e dell’ambiente”: «Il governo italiano è criminale perché è il sesto finanziatore di combustibili fossili al mondo».

Ma all’insopportabile piagnisteo di coloro che si sono improvvisamente scoperti difensori del nostro patrimonio artistico e si scandalizzano per un po’ di vernice lavabile su un palazzo riverniciato chissà quante volte, si è aggiunta una dura repressione. Gli attivisti sono stati infatti accusati non del reato di imbrattamento, ma del ben più grave reato di danneggiamento, nonostante danni non ce ne siano stati (la vernice è stata tolta il giorno dopo con un po’ d’acqua), per il quale rischiano da uno a cinque anni di reclusione. Intanto un altro attivista, Simone Ficicchia, 20 anni, per le sue azioni insieme ad Ultima Generazione rischia la sorveglianza speciale, un provvedimento di solito imposto a presunti mafiosi e terroristi, che prevede tra le altre cose la revoca del passaporto e della patente, il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione e il coprifuoco notturno.

“Le motivazioni sono giuste, ma i metodi sono sbagliati” dicono in molti. Innanzitutto bisognerebbe tenere conto della sproporzione tra le due cose: se da una parte le motivazioni sono di grandissima importanza, dall’altra i danni causati dai metodi sono decisamente insignificanti; ma anche se questa non fosse una giustificazione valida, sorgerebbe spontanea una domanda: quali sarebbero allora i metodi giusti? Se non bastano centinaia di migliaia di ragazzi ogni anno nelle piazze di Fridays For Future, se non bastano gli incessanti allarmi degli esperti che dicono che bisogna agire subito, se non basta uno sciopero della fame di 26 giorni come quello portato avanti da un attivista sedicenne di Ultima Generazione lo scorso settembre, allora quali sono i metodi giusti? Non è forse normale che, davanti al totale silenzio della politica e dei media, si cerchino metodi di protesta alternativi per porre la questione ambientale al centro del dibattito pubblico?

C’è poi chi dice che questo tipo di protesta rischia di risultare controproducente: è vero, questo rischio c’è. Ma se dopo azioni di questo genere la discussione si concentra sui mezzi invece che sul fine, la colpa non è degli attivisti, ma di politici e giornalisti, che ignorano la crisi climatica e spostano volontariamente il dibattito, lasciandosi andare ai classici atteggiamenti paternalistici che etichettano queste proteste come “le solite ragazzate”. La realtà dei fatti è che il nostro è un paese governato da vecchi che fanno gli interessi dei vecchi, perché i giovani costituiscono una piccolissima percentuale della popolazione e, in una politica che si è ridotta all’unico obiettivo di acchiappare qualche voto in più, essi non contano nulla. Contemporaneamente in effetti, tenendo conto che contrastare la crisi climatica significa contrastare le grandi multinazionali che ogni giorno immettono nell’atmosfera tonnellate su tonnellate di gas serra inquinanti, non possiamo pretendere che a farlo sia una classe politica asservita a queste stesse aziende.

Basta un semplice dato per descrivere al meglio la situazione: i tweet di politici al governo sull’azione di Ultima Generazione sono stati più di 15, quelli sui picchi anomali di temperature registrati nel periodo natalizio sono stati 0. Mentre infatti si discute della vernice sul Senato, l’Italia, come l’intera Europa, è in piena primavera a gennaio e, secondo Legambiente, il 2022 nel nostro Paese, oltre ad essere stato l’anno più caldo di sempre, si è distinto per il record di eventi climatici estremi (310, per un totale di 29 morti). Intanto le vittime della valanga sulla Marmolada chiedono giustizia, le vittime delle alluvioni nelle Marche e in Toscana chiedono giustizia, le vittime della frana di Ischia chiedono giustizia: i responsabili ci sono e sono coloro che ci governano e che ci stanno condannando a morte, ignorando la crisi climatica.

Forse i nostri politici, prima di indignarsi, dovrebbero chiedersi perché un giovane ragazzo, invece che uscire con gli amici, va a compiere un atto che gli potrebbe costare il carcere? Forse dovrebbero chiedersi che cosa hanno fatto e stanno facendo per contrastare la crisi climatica e garantire ai giovani un futuro? Forse chi si dovrebbe vergognare non è chi utilizza tutti i metodi che ha a disposizione per una lotta che riguarda l’intero genere umano, ma chi, nonostante abbia il potere e il dovere di cambiare le cose, rimane fermo a guardare?

Nonostante tutto, rimane il fatto che, in seguito all’azione di Ultima Generazione, sui giornali e in televisione si è finalmente parlato di giovani e di ambiente: una piccolissima vittoria che ovviamente non è sufficiente, ma che dimostra che la protesta non è stata vana. In conclusione, una cosa è certa: se solo una piccola parte dell’indignazione espressa dai politici per l’imbrattamento del Senato fosse rivolta alle fabbriche che, inquinando, causano la distruzione di ecosistemi e la morte di migliaia di persone in tutto il mondo, avremmo fatto un bel passo avanti nella lotta al cambiamento climatico.

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