di Raffaele De Cristofaro, III G
“Sii come l’acqua” (introduzione)
Imbrunisce con un clima umido in una scura e nuvolosa serata parigina, quando un uomo di mezza età cammina solo nei pressi della Senna. Illuminato, o forse accecato, dalla luce dell’ultimo lampione, questo strano eppur interessante uomo osserva mentre il flusso del fiume prende tutto con sé, incurante ma possente e maestoso cammina il suo percorso; togliendosi il cappello, l’uomo rimane abbagliato dalla bellezza della natura, eppure, triste, comprende che questo momento è il primo in cui egli si ritrova a ponderare la grandiosità della più eccitante esperienza della natura, comparata a cosa aveva preferito guardare durante tutta la sua vita, ossia se stesso. Guardando in basso verso il fiume, vede il suo stesso volto, plasmato dal flusso e diverso da come sempre si era osservato, realizzando che l’umanità aveva rovinato se stessa con la più crudele delle invenzioni: lo specchio trova il suo unico valore nel mostrarci le nostre maschere, il volto che vedono le persone da fuori, non chi siamo davvero, migliorandoci nell’arte di nascondere il nostro vero io, facendoci rifugiare dentro le nostre ben innalzate maschere e provando a farci insinuare nella definizione di piacevole. Quest’uomo, come chiunque, è così profondamente intrappolato in questa maschera, infilatagli quasi alla nascita, da non riuscire più a comprendere chi fosse. Ora, tuttavia riconosce la presenza di una maschera e ha come obiettivo la sua distruzione. Quasi come nella caverna di Platone, gli uomini sono ingannati dal loro stesso ego, rinchiusi in una caverna dove tutto ciò che è loro mostrato è il riflesso della verità e non la verità stessa, una caverna da dove devono elevarsi, uscire ed iniziare a costruire il proprio vero “io”, cimentandosi nel conoscere loro stessi, chi essi siano o potrebbero essere, senza considerare gli altri come mezzo di paragone. L’uomo che osserva la Senna, pur essendo spesso impegnato nella veloce frenesia sociale, decide di restare lì e continuare ad osservare il flusso, pensando a quanto egli dovesse assomigliare più a un fiume che a un uomo, libero di creare il proprio flusso sulla terra ed essere una interpretabile, ma necessaria fonte di vita: gli uomini si fermano a discutere di quanto l’acqua sia verde, blu o trasparente, ma nessuno vede la libertà e la potenza che essa racchiude.
La ballata della paura* col diavolo. (tesi)
orig. Blue Funky Ballad* with the devil.
(“to be in a blue funk” è un’espressione che significa “avere paura” e volevo evidenziare come l’ego stesso crei ciò che lo distrugge e ciò che lo enfatizza, sottolineando la musicalità (blue funk) di questa danza in cui siamo col “diavolo”)
Queste maschere dell’ego indossate dagli uomini sono solo un fragile sotterfugio che li rende abbastanza soddisfatti per continuare la propria vita senza farsi domande sulla -così proposta- verità assoluta che gli viene instillata da quando sono coscienti. Tutto il male che c’è nel mondo potrebbe facilmente essere ricondotto al falso ego che le persone hanno cominciato a costruire attorno a loro stessi come uno scudo necessario a proteggere la loro insicurezza e fragilità: è questo lo stesso e unico ego che provoca guerre, distrugge il mondo, e vuole più e sempre di più senza mai essere davvero pieno, come una taenia (verme solitario) nel nostro stomaco, divorando tutto ciò che viene ingoiato e, al contempo, dando un assaggio anche a noi. È questo stesso fragile ego ad aver creato un dio per autodistruggersi tramite la fede, e, al contempo, un diavolo per aiutarsi a combattere l’innocente e bellissimo lato degli esseri umani: un lato capace di pulirsi e liberarsi da ogni materiale possessione e ossessione, per vivere pienamente con sé, completamente rimosso dall’umano quando egli iniziò a costruirsi questi scudi attorno. Non è, di certo, una coincidenza il nostro accusare di “un patto col diavolo” qualcuno che, da un giorno all’altro, acquisisce bellezza, bravura, fama o potere. Goethe nel personaggio caratteristico di Faust, protagonista dell’omonimo dramma, ci narra di un patto tra Faust e un demone di nome Mefistofele, che lo costringe a fare i conti con l’obbligatoria scelta tra bene e male, con il giusto contrapposto a felicità, passioni, desideri. E così il diavolo prende la sua strada, costruisce il suo percorso nelle nostre menti, e noi, senza preoccupazioni, eppure senza macchia, decidiamo di ballare questa danza con lui, e nonostante la costante paura (blue funk) di lui, nel profondo siamo consapevoli di essere stati noi stessi a crearlo e della sua innocenza e inoffensività nei nostri confronti.
La verità è che ogni uomo non dovrebbe essere intimidito né spaventato dal proprio diavolo, perché in questa razionale eppure dipinta di rosso pista da ballo, più forte è la connessione col diavolo tra le “nostre corna”, più maestosa è la bravura che incapsuliamo nei nostri movimenti. Tuttavia, la verità è anche che ogni uomo dovrebbe essere consapevole che in ogni mente c’è un diavolo, pericoloso per le cose che ruotano attorno ad esso. Questa fragilità dell’ego umano è ciò che crea l’impulso, oramai artificialmente instillato nella natura umana, a desiderare beni materiali, sperando essi possano ristorare la nostra auto-costruita e ferita persona; questo gigante e insaziabile bisogno di fama, potere e possedimenti materiali – che vediamo perfettamente descritto nel racconto de “La Roba” di Giovanni Verga – è ciò che a lungo andare ci guida verso la pazzia, ma più di tutto verso l’ineguaglianza, e quest’abisso di dislocamento nella società che rende le persone capaci di vivere e godersi la vita al massimo sulle spalle dei meno fortunati. Noi, in quanto società nella sua interezza, abbiamo perso traccia di cosa significhi vivere la vita, e l’unica cosa che importa è l’abilità di sentirsi meglio rispetto alle altre persone che occupano la terra tanto quanto noi, pertanto usiamo e abusiamo la nostra stessa famiglia, i nostri stessi fratelli e sorelle, figli della stessa madre natura.
Scalata sociale (antitesi)
L’umanità intera, non solo attualmente, ma da secoli è stata convinta che il meritarsi qualcosa è l’unico modo per ottenerlo, e ci sono persone che meritano più di altre, considerando solamente il lavoro svolto per valutare ciò che si meritano o meno. L’argomento principale di questa tesi è l’esistenza della figura del “self-made man”, ossia un uomo che inizia dal fondo della società e la “scala” piano piano solo con le proprie abilità, rincorrendo l’opportunità che ognuno riceve almeno una volta nella propria vita, ottenendo tutto il potere, i soldi e “roba” di cui ha bisogno. Personaggi come Elon Musk e Jeff Bezos potrebbero risolvere il problema dello sfollamento “abitazionale” e della salute mondiale con solo una piccola frazione del proprio patrimonio, ma non lo fanno e non possono farlo, perché un senzatetto non merita di avere una casa non avendo mai lavorato sodo nella propria vita. Ci sono persone che meritano di più, e persone che meritano meno di altre: l’uomo è egoista e vuole governare il mondo e gli altri a tutti i costi, mentre ci sono persone che hanno bisogno di essere governate per vivere in armonia, bisogno di qualcuno che gli dica cosa fare e quando farlo, pur essendo trattati ingiustamente, poiché la veridicità non è la giustizia ed esse non collidono. Oltre che con le leggi della fisica, infatti, le persone devono convivere con un’altra fondamentale legge: quella della sopravvivenza del più forte, secondo la quale, proprio come viene evidenziato nella teoria evoluzionistica Darwiniana, gli uomini sono portati anche a uccidersi a vicenda in questo schema piramidale, caratterizzato dal dualismo preda-predatore. Gli umani devono sopravvivere in un mondo dove gli uomini alpha, ossia gli uomini intrinsecamente forti e superiori, sono i predatori, mentre donne, deboli e minoranze sono le prede, destinate a costruire la propria maschera dell’ego o vivere scappando via come una gazzella da un leone.
Desiderio (conclusione)
Ci sono dei problemi fondamentali nell’argomentazione precedentemente discussa, iniziando proprio dal fatto che nessuno può aver causato così tanto male da non meritarsi alcune tra le necessità di base, come acqua, cibo e una casa, pure essendo un individuo considerato “inutile” per la società, alla quale non contribuisce in alcun modo. Contemporaneamente nessuno merita qualcosa un miliardo di volte più di qualcun altro. Tuttavia questi uomini “fatti da soli” sono idolatrati per qualcosa che nemmeno hanno fatto e il più evidente tra gli esempi è il fatto che queste persone, come Musk e Bezos sono, purtroppo, persone costantemente sostenute dalla società che gira attorno a loro: per quanto si possa dire che il CEO di SpaceX e Tesla sia un uomo che si è fatto da solo, e che tutto il suo successo derivi da un computer e dalle sue abilità a quindici anni in Sudafrica, non tutti sono consapevoli che suo padre possedeva una miniera di smeraldi in quello stesso Paese, e sfruttava la popolazione locale solo per ottenere un reddito più alto. A Jeff Bezos e ai suoi ammiratori “leccapiedi” piaccia dire che lui ha iniziato dal nulla e creato la compagnia più importante e colossale al mondo: pochi sono a conoscenza del fatto che egli ha ricevuto uno stupefacente investimento da persone che conosceva, utilizzando questo denaro non per migliorare la propria società, o pagare un buon ingaggio ai propri dipendenti, ma per comprare la concorrenza, con l’obiettivo di creare una sorta di monopolio nel nuovo business dell’internet.
Volere e desiderare sempre più degli altri, l’avidità che, ora come ora, ci sembra intrinseca, è in realtà completamente fuori dalla natura umana: un neonato non possiede nulla, se non le capacità automatiche di reagire in un certo modo agli stimoli che giungono dall’esterno; ciò che egli sarà in futuro dipende da quali valori gli vengono insegnati e quali difetti vengono demonizzati.
Quando gli umani vivevano “alla giornata” da cacciatori e raccoglitori, non avevano, di certo, bisogno di possedere di più o vivere più agiatamente di altri; tutto ciò che veniva prodotto e raccolto era messo in comune: dunque la natura umana era intrinsecamente buona. Cosa è cambiato? Il problema è proprio il fatto che non è cambiato nulla. È ciò che può essere ottenuto tramite trucchi e inganni a cambiare, e a cambiarci, facendoci, tuttavia, essere le uniche vittime di questa nostra frode, per sempre abitanti di questa falsa realtà fatta di superficialità, senza mai arrivare a conoscere la bellezza dentro noi stessi.