Quel fiore di gennaio – Capitolo II
di Greta Evangelisti, II F
Pavel Rodionich Zukarov si chiese-con rammarico commisto ad autocommiserazione per la sua stupidità- perché mai non si fosse messo gli abiti per la campagna: il soprabito grondante di fango era vivida testimonianza della sua lotta contro la Natura, che, per così dire, è solita tramortire con le sue arti chi non è a suo genio. Inoltre, la carrozza aveva perso una ruota durante il tragitto e Petrushka, il suo servitore (non era il suo vero nome), aveva inventato molte scuse credibili per non recuperarla, come una presunta allergia alle piante o l’inesperienza con gli animali selvatici: un servo come lui non avrebbe avuto la giusta capacità per ammansire un lupo, che, per caso, aveva deciso di tenersi la ruota. Pertanto, l’uomo lo aveva spedito a casa a piedi e si era messo in cammino verso il villaggio.
Era un sensale e da circa tre anni faceva questo lavoro. In realtà, sin da ragazzo sognava quella mansione adatta solo alle donne. Quando studiava all’università, vedeva come molti suoi amici riuscivano a fidanzarsi con le ragazze che avevano rapito la loro anima e a convolare a nozze con loro, diventando dopo uno o due anni genitori di neonati urlanti e mariti freschi freschi per la vita noiosa da burocrati. Lui che faceva? Dormiva sulle pagine di volumi consumati dal tempo e aspettava che Dunja si decidesse ad essere sua. Dunĕcka, certamente, era dolce, ma stava andando troppo per le lunghe con il fidanzamento e da un po’ guardava di sottecchi Andrej, il suo migliore amico, che, chissà che pensava!
Pavel non era mai stato paziente, mai, e aspettava (facendo anche implicite allusioni) che la ragazza si concedesse a lui, per sempre. Passeggiavano per le strade bagnate dalla neve sciolta dalla città e non si dicevano niente.
Sempre la stessa storia: mariti e consorti, a braccetto, saturavano il quartiere e il povero ragazzo si struggeva. Da un lato avrebbe voluto fare la proposta, ma non sapeva come avrebbe conciliato il matrimonio e lo studio; dall’altro, sognava un futuro in cui futuri marmocchi si sarebbero riuniti attorno alla sua poltrona per sentire delle storie incredibili o in cui Dunĕcka gli avrebbe preparato la zuppa di barbabietole e il tè; se avesse chiuso gli occhi, Pavel, avrebbe immaginato le coltri del letto celare lui e la sua bella da occhi indiscreti, per permettere di fare quello che volevano.
Pertanto era in bilico tra la vita da intellettuale o da mediocre uomo che passa da un lavoro a un altro.
Che fare? Neanche Amleto sarebbe stato così indeciso!
Mentre un giorno, come sempre, esitava dal fare la fatidica domanda, vide la sua donna baciare Andreij. Da quel momento, il suo mondo si infranse: litigò con Dunja per tutto il pomeriggio, facendola piangere; picchiò l’amico; si chiuse in casa e l’avvenire fu un mistero.
Povero Pavel, voi direte! Che triste finale, non se lo meritava! Amici miei, secondo il mio modesto parere, da un brutto periodo si può trovare un piccolo squarcio di felicità che può diventare una grande arma. E il seguito della storia è la dimostrazione della mia teoria: mentre il mondo andava avanti, incurante del morbo che consumava il suo cuore, Pavel pensò in che modo avrebbe dimostrato di essere qualcuno.
Aveva lasciato l’università.
I suoi genitori, delusi, non gli parlavano.
Era senza amici e fidanzata.
La sua vita era finita, in sostanza.
Che fare? Uccidersi era fuori discussione, sarebbe finito all’inferno! Andare nelle bettole per sguazzare nell’alcool era troppo umiliante, era simile ad una conferma della sua inettitudine e fare l’usuraio era orribile.
Così si arrovvellò per trovare un espediente per reagire e finalmente gli venne in mente un’idea: se non avrebbe mai avuto una moglie, avrebbe creato lui le coppie! Era interessante come piano, ma solo le vecchiette andavano nelle case dei genitori delle ragazze per esporre i vantaggi di un matrimonio.
Tutti quanti lo avrebbero preso in giro. Eppure….che importava! La vita lo aveva schiacciato troppe volte e, ormai, toccava a lui fare altrettanto!
Per una settimana, distribuì cartoline in giro con scritto che era capace di combinare nozze nel giro di due giorni. Inizialmente, alle persone non importava: avevano troppo da fare per rivolgersi ad un ragazzo che, all’improvviso, si era messo a fare il sensale, troppi rubli e copechi da guadagnare. Tuttavia, in seguito, un sacco di donne non maritate vennero a casa sua per chiedere aiuto. Da tre, si giunse a consigliare dieci donne, da sedici a venti, da trenta a quaranta, da ottanta a milioni! Davanti alla porta del suo appartamentino, un fiume di gonne di seta e speranza aspettava solo un suo atto di misericordia.
Ah, quanto gli piaceva quel lavoro! Osservare gli uomini, carpire le loro qualità, orchestrare gli incontri, prevedere il mese per le nozze e i vantaggi che avrebbero arrecato. Era troppo divertente e, per giunta, ne ricavava un bel gruzzolo. Aveva vent’anni ed era pronto a sfidare il mondo!
Dopo due anni passati così, bussò alla sua porta Vladimir Petrov, un funzionario, il quale era scapolo e, durante una villeggiatura in campagna , aveva messo gli occhi su una fanciulla, il cui sguardo assorto e il suo volto diafano lo avevano attratto: quella ragazza era Alena.