di Matteo Di Pangrazio, III H
All’alba di una mattina di maggio,
un sole docile e flebile illuminava un ultimo diamante grezzo,
fiore appassito sul limitare dell’infinito.
Risuonavano tra massicce mura canti esuli di usignoli
come voci lontane di angeli oramai senza ali,
io indegno assistevo alla caduta di Dio.