di Giulia Fauttilli, III H

La condizione dei senza dimora e dei poveri è una tragedia sociale che richiede l’attenzione e l’azione di tutta la società. Ogni persona merita dignità e opportunità, eppure troppe persone sono costrette a vivere senza un tetto sopra la testa o a lottare per soddisfare i bisogni più fondamentali. È imperativo che la società lavori insieme per affrontare le radici strutturali della povertà e dell’insicurezza abitativa, garantendo un accesso equo a risorse e servizi essenziali per tutti i membri della comunità. 

Il mio interesse per il sostegno ai poveri e per la beneficenza è nato grazie al PCTO organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, due anni fa. Questo interesse ha in parte orientato la mia scelta della facoltà di Economia per il mio percorso universitario: spero infatti che lo studio di questa disciplina mi porti a trovare soluzioni più giuste per tutti coloro che sono in difficoltà; vorrei imparare a utilizzare dati e analisi per monitorare e migliorare i programmi di beneficenza, contribuendo a progettare meccanismi che motivino i donatori e assicurando che le risorse siano investite nei progetti più promettenti e con maggiore impatto sociale.

Per questa ragione ho deciso di documentarmi, fin da questo ultimi mesi al liceo, su chi a Roma si trova in una situazione di forte disagio sia economico che sociale, attraverso le storie che mi vengono raccontate da G., un ragazzo che da anni si dedica alla beneficenza con l’associazione Lucolnus.  

LA STORIA DI MOHAMMED

Mohammed era un uomo di cinquant’anni che viveva in Nepal, molto ricco e noto nel suo paese, con una famiglia solida, una moglie e dei figli, fin quando a causa di problemi legali si è visto costretto a fuggire dal luogo dove era nato. L’unica cosa che portò con sé furono i pochi soldi contanti che aveva a disposizione, dei quali la maggior parte venne spesa nel tragitto dal Nepal all’Italia. Da una vita caratterizzata da sfrenatezza e lusso si ritrovò in un altro paese, senza famiglia, soldi, una casa e un lavoro. Ad oggi Mohammed vive per strada e, per guadagnare qualcosa per poter vivere, fa abusivamente il parcheggiatore di macchine, senza alcuna prospettiva futura.

LA STORIA DI STANISLAO

Stanislao, un uomo di trent’anni proveniente dalla Romania, era il più piccolo di una famiglia molto numerosa, composta da tre fratelli e due sorelle. Con gli ultimi risparmi che rimanevano ai suoi cari, si trasferì in Italia nella speranza di trovare migliori opportunità lavorative, così da poter permettere alla sua famiglia di raggiungerlo per farli vivere in maniera dignitosa. Dopo mesi di ricerca, venne assunto come operaio ma lavorando in nero. Durante una giornata di lavoro si ruppe un tendine della mano e l’azienda per cui lavorava lo licenziò immediatamente, non prendendosi alcuna responsabilità. In poco tempo si ritrovò senza uno stipendio e un luogo dove vivere, impossibilitato nel fare qualsiasi tipo di lavoro nei cantieri a causa dell’infortunio. Con il tempo ha ripreso ad utilizzare la mano e ha ricominciato a lavorare come operaio a chiamata. Ha conosciuto una donna che si trova nella sua stessa situazione, con la quale ha il desiderio di costruire una famiglia ed avere dei figli. Stanislao nel corso degli anni ha ricominciato a mettere da parte un po’ di soldi, per arrivare un giorno a possedere una casa, dove spera di poter accogliere anche i familiari che gli restano. 

LA STORIA DI WAJIRA

Wajira è una donna srilankese di sessantacinque anni; suo padre lavorava in cantiere mentre la mamma era una casalinga con tre figli. Un giorno il padre perse il lavoro perché l’azienda per cui lavorava fallì, così Wajira crebbe in una piccola casa con una sola stanza in cui stavano tutti. Poco dopo il padre morì e la famiglia si ritrovò senza avere i soldi nemmeno per l’affitto. La madre non potè permettersi di pagare gli studi a nessuno dei figli, che cominciarono così a immergersi fin da subito nel mondo del lavoro. 

Con il passare del tempo Wajira si innamora di Dinesh, i due si sposano e hanno un figlio. La nascita del figlio spinge i due genitori a ricercare uno stile di vita migliore, infatti decidono di trasferirsi in Italia. Una volta svolte tutte le procedure per poter partire e ottenuto il visto, lontani parenti di Dinesh lo uccidono, entrando così in possesso del visto. Wajira, a seguito di questo tragico evento, decide di partire lo stesso, lascia suo figlio alla madre e arriva in Italia dove da subito comincia a lavorare come donna delle pulizie. Mette i primi risparmi da parte, manda i soldi guadagnati al figlio così da garantire almeno a lui una solida istruzione. Lei ora abita a Roma e il figlio grazie ai suoi sforzi vive a Dubai ed è diventato uno dei dj più famosi in Asia.

Tre storie dai finali diversi. Sicuramente però, in tutti e tre i casi, tante difficoltà e tanta sofferenza.

Appare ancora più evidente il valore della solidarietà umana, con la speranza di costruire una società più equa e inclusiva. Ho imparato che non bisogna fermarsi alle apparenze, poiché dietro ad ogni persona in difficoltà c’è una storia da raccontare e una forte volontà di rialzarsi.

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