di Alessia Risiglione, II G
I “Gatti di Val Cannuta” è una Onlus nata nel 2015, con l’obiettivo di prendersi cura dei gatti
randagi e abbandonati nell’omonimo quartiere di Roma e in varie colonie dei dintorni.
I gatti vengono salvati da situazioni di pericolo e sono accolti nelle case-rifugio, dove gli viene
assegnato uno stallo e offerto cibo e cure mediche (tra cui la sterilizzazione obbligatoria) e la
possibilità di essere adottati e trovare una casa per sempre. Le attività si sorreggono sull’impegno
dei volontari e sulle donazioni dei soci, come succede in gran parte delle realtà no-profit.
Alcuni volontari si occupano di rifornire di cibo le postazioni, di pulire le lettiere dai bisogni e
passare tempo con i mici; altri curano i social e le relazioni con i donatori e le persone interessate
ad adottare; un altro gruppo, infine, si occupa di organizzare una raccolta di cibo due volte al mese
presso i negozi della zona.
Fare volontariato in un gattile offre una vasta gamma di competenze, emozioni e soddisfazioni. Si
impara a gestire i gatti e a prendersi cura di loro, si cominciano a comprendere le loro esigenze
emotive e fisiche, si apprendono le pratiche di alimentazione, igiene e somministrazione di cure
mediche di base, etc…
Fare volontariato è aiutare nel concreto. Significa sostenere una causa in cui si crede, riconoscere
la propria posizione di privilegio e sfruttarla per fare una differenza positiva nella vita di animali
innocenti e/o altre persone. Nel mentre, permette di sviluppare conoscenze importanti, che
saranno utili successivamente nel mondo del lavoro, o anche semplicemente esplorare nuovi
interessi o passioni per conoscere meglio se stessi.
L’associazione si può aiutare anche con l’acquisto di gadget come t-shirt o calendari, oppure
tramite donazioni, ma certamente l’aiuto più grande e definitivo è adottare un gatto.
Si salva, letteralmente in molti casi, la vita a un essere vivente, trovando un piccolo ma vero amico
pronto ad aspettarti alla porta ogni volta che si torna a casa. Un amore e rispetto incondizionato
senza bisogno di parole, tra due esseri viventi le cui dimostrazioni d’affetto sono completamente
diverse tra loro: se una persona vuole bene a un’altra la abbraccia, se un gatto vuole bene a un
altro gli fa le fusa o gli dà delle testate.
È adottando, e NON comprando, che si compie un atto d’amore e rispetto: si aiutano i rifugi a
combattere il sovraffollamento; si prendono le distanze da un commercio che vede gli stessi
animali che porterai a casa come oggetti; ci si rifiuta di partecipare a un’economia basata
sull’allevamento e lo sfruttamento di animali.
Perché pagare e dunque sostenere allevatori che provocano ipertrofie, tare genetiche, alla propria
“merce”, solo perché l’animale non è “bello abbastanza” o “non ha le orecchie abbastanza a
punta”?
Sicuramente nelle associazioni e nei gattili non si trovano tanti cuccioli (anzi, viene assolutamente
incentivata la sterilizzazione al fine di non aumentare i gatti in pericolo per strada), però bisogna
ricordare che i gatti non sono oggetti usa e getta di cui stancarsi dopo i primi mesi di “novità” o
che perdano “valore” una volta cresciuti.
Non è vero neanche che i gatti adulti sono incapaci di affezionarsi a noi; dipende infatti da una
questione di tempo e dal carattere che, esattamente come tra noi umani, anche tra i gatti è molto
diverso da soggetto a soggetto!
Nell’associazione di Val Cannuta si trovano gatti come Tommy, che ti segue in cerca di coccole ad
ogni passo, Champy, che cerca attenzioni e poi morde giocosamente la mano, Nuvola, che quando
la accarezzi inizia a fare le fusa, ma anche tanti gatti come Trico, che scappa paurosa appena ti
vede (bisogna allora chiedersi cosa le sia successo prima che entrasse nel rifugio…).
Concludo dunque con una bellissima poesia di Emily Dickinson, per ricordarci che la vera forza sta
nell’aiutare, nel prendersi cura, con amore, dei più fragili:
“Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido non avrò vissuto invano”