di Sofia Liverani, II F
Megalopolis è un film del 2024 diretto da Francis Ford Coppola. La sua trama verte intorno a due temi principali: il futuro delle città e il controllo del tempo.
Il primo è il filo conduttore degli eventi che portano i personaggi, di ambiente politico, ad affrontarsi nel campo dell’edilizia e dell’amministrazione pubblica; il secondo tema viene introdotto come un potere detenuto soltanto dagli artisti, tra cui il protagonista Caesar Catilina. Costui si scontra con il suo principale nemico politico, il conservatore Franklin Cicero, per poi cercare pace soltanto una volta innamoratosi della figlia Julia.
Nel corso di tutto il film si percepisce una chiara intenzione da parte del regista di voler trasmettere un messaggio più profondo, che risulta tuttavia confuso e difficile da decifrare. La società rappresentata è quella che si muove in una smart city ipertecnologica, in cui non sono stati raggiunti gli obiettivi di eguaglianza e giustizia sociale cui noi attualmente aneliamo. Siamo ben lontani dal mondo utopico pacificato descritto nell’universo di Star Trek: la visione del regista sembra essere quella di un futuro drammaticamente simile al nostro presente nei suoi aspetti negativi, dominato però da potenti tecnocrati.
Costringendo lo spettatore ad orientarsi faticosamente tra personaggi dai nomi classicheggianti ma inverosimili, tra le peculiarità dell’ambientazione simil-futuristica del tardo XXI secolo e le sottotrame che si interrompono e riprendono secondo un disegno che sfugge, nella seconda parte del film la trama inizia a rallentare e a passare quasi in secondo piano, per lasciare spazio a una serie di numerose scene in cui alcuni dei personaggi esternano le loro riflessioni; pur offrendo degli spunti interessanti, la loro ripetitività spezza drasticamente il ritmo della narrazione.
L’ambizione di Coppola di voler trattare un numero eccessivo di argomenti assoluti – il tempo, la vita, la morte – porta purtroppo il film a sfociare in un artificioso guazzabuglio; questa irrefrenabile smania di aggiungere dettagli di qualunque genere a discapito del risultato complessivo è paragonabile in qualche modo ai ridondanti riferimenti autocelebrativi del regista nel film di animazione Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki, che distraggono dalla continuità e dalla coerenza della trama.
Oltre a una quantità di scene erotiche superflue, ricorrono spesso ampie citazioni di vario genere, da un abusato soliloquio di Shakespeare all’intero incipit della prima Catilinaria, fino a una serie di pensieri di Marco Aurelio, che citati in una scena l’uno dopo l’altro fino a costituire un intero monologo, risultano decisamente invadenti e fuori luogo.
Questa grossolana imprecisione nel seguire la storia della Roma tardo-repubblicana, a cui Coppola sembra ispirarsi, non verrà probabilmente percepita allo stesso modo oltreoceano: la conoscenza media dei cittadini del nostro Paese, e in particolar modo di coloro che hanno compiuto studi classici, ci permette senza alcun dubbio di cogliere elementi stridenti tra loro che altrove non verranno riconosciuti come tali: personaggi storici fusi insieme, nel nome – si pensi anche soltanto a Caesar Catilina o a Hamilton Crassus III – e nei fatti, danno vita a creature inquietanti, non solo assolutamente lontane dalla realtà, ma anche legate da dinamiche poco credibili e artificiose.
A fronte delle inevitabili critiche mosse al film, si deve riconoscere lo splendido lavoro realizzato dalla scenografia e dalla fotografia: gli edifici e gli ambienti di New Rome si ispirano all’Art Deco e all’architettura romana, mentre tutto appare avvolto in una morbida luce dorata.
Considerando che Francis Ford Coppola ha impiegato 40 anni per scrivere e realizzare il film, con un budget di ben 120 milioni di dollari e un cast stellare, con attori del calibro di Adam Driver e Giancarlo Esposito, viene da chiedersi se il risultato ottenuto sia stato proporzionato agli sforzi impiegati.