di Marco Occhiuto, III C

Poesia vincitrice del concorso Giovani artisti per il Giulio

«Tantaene animis» humanis «irae?»
“Homo sum: nihil humani a me alienum puto.”
– Terenzio

In singulto di bolle ammirare
lontano il silenzio della luce.
Come vino, la tavola del mare;
un fil di canto a sé seduce

di sirene. Ma ripullula spasmodica
la corda dei colori all’orizzonte.
E più la terra non si vede; e prosodica
persistenza, e lunga, e lenta, e rimonte

di raggi e d’irricordabili ricordi
le corde suonano di Solitudine.
Il varco s’apre in arcani accordi
di silenzio; e adesso nella moltitudine

dei misteri, del niente, dell’indifferenza
abissarsi cose, abissarsi umanità.
Un filo corre stanco, nella diffidenza.
Le pupille sentono l’estremità

del mare ove s’abissa la realtà.
Cercare sull’infinito, morenti
(e non trovare), la solarità.
Ma gli occhi secchi, muti, indifferenti.

La cera, intanto, sciolta ode quel canto:
λανθάνου τοῦ φρισσόντος επὶ τῷ ὁριζόντι – ὅ
τῶν ὄψεων θάνατός ἐστιν, θάνατος φόβος ὁ τῶν
ἀνθρώπων τῶν ὕστερον αὐτόν εὖ φιλούντων.

[Oblia quel che freme
al morir degli sguardi.
Perché la morte teme
chi l’ha amata tardi…]

Sull’iride vedo (e non più non sento).
Ascolto non so se urla o melodie,
se d’uomini, se di ninfe, se di vento.
L’onda tace – ed è pace tra le vie

del mare. Vedo (ma più non sento).
Intorno a me nel mare e nel silenzio
non resta che un legno, e forse cento
brandelli di vesti, e urla d’assenzio.

E nel blu manto prosegue quel canto:

σαυτὸν φίλε, ἆ… σαυτὸν τίμα, ὁ δὲ βιός, οὐ σά;
Τὶ διαφέρει τὸ ἐργον αὑτοῦ ἐν τῷ πάντι;
ἡ σαυτοῦ ἠδονὴ βελτίων τῶν ἄλλων.

[Te ama, te onora! vivi!
Che cambia il tuo fare
nella infinità?
La tua felicità
più conta della vita
altrui.]

Dolce vino (o qualcos’altro forse?),
il mare, adesso scuro all’orizzonte.
Adesso l’occhio affaticato scorse
le correnti; e forse anche acheronte

vede, e non sente, in mezzo a lente onde.
Non resta che un dondolare di bambole,
Non resta che un asserparsi di fronde
un ritrovarsi in pace di pargole

voci, cantanti, insieme, nella notte,
l’abisso loro, e della vita. Il sole
si addipana negli abissi e le rotte
vie del cuore interrogano il male.

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