di Maria Ortolani, III D

L’imperfezione spesso non è considerata come un valore, anzi, viene percepita come una
manchevolezza, un difetto da cui tutti noi ci sentiamo ostacolati. Credo che il concetto
dell’imperfezione possa derivare dal nostro stesso giudizio, poiché molto spesso ci sottoponiamo ad
una severa autocritica che ci induce a desiderare la conquista di un traguardo apparentemente
irraggiungibile: la perfezione.
Quanti di noi tutti i giorni vorrebbero dare o fare di più affinché tutto sia perfetto? Quanti autori
hanno rielaborato, rivisitato e perfezionato le proprie opere, affinché queste ultime potessero
acquisire un più alto grado di perfezione? Lo stesso Torquato Tasso perse il senno per aver
elaborato incessantemente la propria opera più celebre, “La Gerusalemme liberata”.
La ricerca di perfezione stanca l’anima e induce l’individuo a dubitare di se stesso e delle proprie
capacità fino a portarlo allo sfinimento.
Si cerca di arrivare all’esecuzione di compiti perfetti, immuni da difetti, errori o mancanze, senza
pensare che l’imperfezione appartiene alla natura umana più di quanto possiamo immaginare, a
differenza della perfezione a cui tutti aspirano. L’essere umano è una specie imperfetta,
caratterizzata da fragilità, sensazioni e sentimenti, che spesso ci inducono ad errare. Sbagliare è
umano, non dobbiamo farcene una colpa; l’importante è avere la consapevolezza di poter fare
sempre meglio fino ad arrivare ad un livello che per noi risulti perfetto e che ci renda soddisfatti.
Rita Levi Montalcini afferma che l’intelligenza, la capacità di eseguire e portare a termine con
esattezza il compito intrapreso non sono fattori essenziali per la sua riuscita e per la soddisfazione
personale. È importante invece avere una particolare dedizionea ciò che si fa. Ognuno di noi
dovrebbe essere capace di affrontare le difficoltà rischiando, e nonostante la paura di sbagliare,
bisogna inseguire i propri sogni e cercare di raggiungere un obiettivo che alla fine non deve essere
necessariamente perfetto. Solo con questa consapevolezza riusciremo ad affrontare problemi che
altri non affronterebbero. Nella vita bisogna saper rischiare, mettersi in gioco, bisognerebbe
smettere di prendere ispirazione da un modello di perfezione che non è mai stato raggiunto in
quanto astratto. Tutti noi diamo per scontato che la perfezione esista, ma non sappiamo a cosa
corrisponda. Chi dunque è in grado di poter esprimere un giudizio critico od oggettivo e assoluto
sulla perfezione dell’operato altrui?
Le attività che si compiono, anche se apparentemente imperfette, possono essere fonte di gioia, La
quale si contrappone al sentimento di ansia e dolore che la ricerca inesorabile e continua del grado
massimo di perfezione genera nelle nostre anime.
Seneca dice che bisogna liberarsi dal dolore e dalle ansie, bisogna seguire ciò che è virtù e ciò che è
onesto: in questo modo il nostro animo diventerà libero ed intrepido, poiché è capace di affrontare
le situazioni più rischiose con fermezza e coraggio. Sarà dunque temprato affinché possa affrontare
con maggiore grinta tutte le difficoltà della vita. «La felicità non è lontana, bisogna solo che tu
sappia dove allungare la mano» scrive Seneca (ndr, De vita beata), il quale incoraggia ognuno di noi
ad intraprendere un’attività volta al ritrovamento di ciò che ci rende felici. Sta a noi dunque cercare
di non pretendere troppo da noi stessi: non è giusto paragonare se stessi ad un’ideale standard di
perfezione. Tutti noi abbiamo caratteristiche che ci contraddistinguono e delle capacità straordinarie
che dobbiamo saper mettere in risalto, affinché ci rendano unici nelle nostre imperfezioni.

La felicità provata dagli individui che inseguono il sogno disperato della perfezione risulta
apparente, poiché la loro anima non si sentirà mai appagata per il lavoro svolto.
Aspirare a migliorare invece è più che legittimo, anzi questo desiderio può rappresentare uno
stimolo per la crescita e forza di volontà.
Ciò che conta veramente però è che l’obiettivo finale sia la soddisfazione personale, la quale ci porta
ad essere fieri di noi e appagati per il nostro operato, frutto di tanta fatica, determinazione e
dedizione.