di Vittoria Ulpiani, II G
Caro Werther, amico mio,
sono sia allietato di aver avuto tue notizie dopo la repentina partenza, che dispiaciuto di sentire quanto il tuo animo soffra. Hai deciso di allontanarti dalla frenesia soffocante della città, per recarti a Whalheim, un delizioso villaggio in campagna, sperando di trovare pace e serenità stando a stretto contatto con la natura. Sai, io penso che tu abbia preso la scelta giusta, la monotonia cittadina è stancante e grigia, invece reputo che la natura ci conferisca innatamente una serenità che è difficile trovare dopo tanto tempo nello stesso luogo; fino a pochi secoli fa i filosofi pensavano che la natura fosse un riflesso della perfezione dell’universo, alcuni reputavano addirittura fosse viva, riflettendo la grandezza di Dio, io non sono né un sapiente, né un uomo di scienza ma è trasparente la logica che ha mosso la tua scelta. Sono profondamente addolorato, però, del fatto che lo scenario bucolico meraviglioso che mi hai descritto nelle epistole sia stato luogo di un ulteriore sofferenza, infatti mi è rimasto impresso l’episodio che mi hai raccontato qualche mese fa quando in occasione di una festa danzante hai conosciuto la giovane Charlotte, Lotte, come eri solito a chiamarla. Non me l’hai descritta molto fisicamente, sei stato così acciecato dall’amore che dalla tua bocca nessuna parola risultava essere sufficiente per descrivere la bellezza della giovane, hai fatto trasparire la sua grazie e dolcezza, soprattutto in prossimità di bambini ai quali sembrava essere molto legata, più come una madre, che purtroppo non aveva più, che come la sorella maggiore che in realtà era. Mio Werther io me la sono immaginata esile, sorridente, il suo volto, amico mio, l’ho disegnato tenero nella mia mente, caratterizzato da profondi occhi neri, penetranti ed espressivi, chiara di pelle e bruna di capelli, hai sempre avuto buon gusto in donne quindi mi rifiuto di pensare che sia bella solo ai tuoi occhi ormai ciechi d’amore. Quando hai iniziato a manifestare i sintomi dell’innamoramento nei confronti di questa donna, avevo capito che fosse diversa da chiunque altra, e anche tu in sua presenza eri diventato un altro, o almeno così mi raccontavi. Lei però era promessa a un altro uomo, Albert e questa cosa ti ha fatto soffrire immensamente, hai anche provato a credere che si trattasse di un omaccio, brutto d’animo e crudele, ti sei convinto probabilmente che Lotte dovesse essere salvata, fino a che non hai avuto modo anche tu di conoscerlo. Albert era completamente opposto a te, che ti sei sempre mostrato sognatore ed esuberante, lui invece era composto, posato e razionale, ma nonostante ciò un uomo per bene e un amante fedele e premuroso. Hai provato a stringere un’amicizia con la coppia, frequentavi spesso casa loro anche senza la presenza di Albert ed avevi iniziato a coltivare un’amicizia platonica con Charlotte che però ti dava sempre l’idea che oltre all’amicizia nascondeva dell’altro. Tu tornavi a casa e soffrivi, ed io per mesi ho letto il tuo tormento. Il cuore duole al pensiero di non essere ricambiato, il paesaggio incantevole che faceva da sfondo della tua vita sembrava essere nient’altro che un inferno per due occhi innamorati, per te esisteva solo lei e per lei esisteva solo lui. Io l’ho provato quest’amore dannato che mi ha rotto il cuore in così tanti pezzi da farmi credere che non sarei più riuscita a rimetterli insieme e tornare a vivere nuovamente, senza continuare quella persistente sopravvivenza che caratterizzava ogni mia giornata. Un altro sintomo dell’amore non ricambiato è quello di sentirsi soli al mondo, nonostante tu sia consapevole di non esserlo affatto, di essere amato e considerato, comunque nel tuo animo vigerà la convinzione che se la tua donna non t’ama allora nessuno dovrebbe farlo, nessuno lo farà mai e qualora accadesse sbaglierebbe. Leggevo qualche giorno fa che uno scienziato ha ipotizzato che se un uomo venisse dimenticato da ogni suo conoscente e si ritrovasse completamente da solo, soffrirebbe così tanto da ammalarsi e morire. Tu, mio caro Werther, ti sei sentito solo come la luna in cielo tra tutte le miriadi di stelle e questo ti ha ucciso. Hai provato ad evadere dal luogo che ti avrebbe dovuto guarire, sotto le mie sollecitazioni, dopo aver accettato l’incarico di diplomatico che ti avrebbe portato lontano, ma il tuo cuore non ha retto l’ipocrisia dell’alta società con cui non ti eri mai rapportato. Mi hai descritto la confusione, immagino tu ti sia sentito come difronte a un bivio, da una parte l’amore della tua vita promessa ad un altro uomo, dall’altra una vita lavorativa non appagante, circondato da gentaccia con cui è impossibile interagire. Il tuo cuore già malato ha scelto per te che la soluzione migliore sarebbe dunque stata quella di dare le dimissioni e tornare a casa, dove però hai ricevuto la notizia che Charlotte e Albert si fossero sposati. Ti conosco, sei un uomo buono, sono sicuro che tu sia stato felice per loro, avendo appreso quanto effettivamente si amassero, ma capisco quanto sia insostenibile essere sfondo di quel quadro, ricevere una porta sbattuta in faccia e ascoltare il silenzio successivo al botto.
Werther, mio vecchio amico, mi manchi ogni giorno da quando ho appreso la triste notizia, ogni giorno mi maledico di non aver potuto fare nulla per dimezzare il tuo dolore, provo affanno e sconforto a immaginare la mia vita senza le tue epistole, i tuoi racconti e le tue molteplici richieste d’aiuto. Ora, che col silenzio della notte, mi rendo conto di star scrivendo ad un defunto, pesanti lacrime mi sgorgano dagli occhi. D’amore si muore,
per sempre tuo, Guglielmo.